L’elusione fraudolenta della documentazione antimafia (art. 512-bis, co. 2 c.p.) e l’introduzione per relationem di un nuovo illecito 231

di Mario Iannuzziello,  Assegnista di ricerca in Diritto penale

 

 

 

 

1. Premessa

 

Il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito nella legge 29 aprile 2024, n. 56, ha inserito nel corpo dell’art. 512-bis c.p., rubricato Trasferimento fraudolento di valori, un nuovo comma, il secondo, che dispone:

 

La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi, al fine di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di imprese, quote societarie o azioni ovvero di cariche sociali, qualora l’imprenditore o la società partecipi a procedure di aggiudicazione o di esecuzione di appalti o di concessioni.

 

Questa novazione, che rende tali condotte punibili con la reclusione da due a sei anni, si colloca in uno scenario peculiare ovvero nell’ambito di attuazione del PNRR: nell’economia del d.l. n. 19/2024, l’art. 3 – che introduce questa nuova incriminazione – delinea delle procedure per la prevenzione e il contrasto delle frodi nell’impiego delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dove – a chiusura – si estende l’ambito di applicabilità del delitto di trasferimento fraudolento di valori (comma 9) e viene emendato il Codice Antimafia (comma 10).

 

Sotto quest’ultimo profilo, vi è l’inserimento tra i requisiti che danno luogo all’informazione antimafia – stante gli altri – anche il rinvio a giudizio o la condanna per i reati tributari di cui agli artt. 2, 3 e 8 d.lgs. n 74/2000, cioè dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e, infine, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

 

La modifica dell’art. 512-bis c.p. interessa anche il Decreto 231: il trasferimento fraudolento di valori, infatti, costituisce reato-presupposto già dal 2023 e il correlato illecito amministrativo trova collocazione all’art. 25-octies.1 d.lgs. n. 231/2001. Pertanto, la novazione del 2024, da un verso, ne estende la portata applicativa e, dall’altro, vi aggiunge – accanto al controllo giudiziario e all’amministrazione giudiziaria – un ulteriore strumento per la prevenzione antimafia, come già si è avuto modo di notare su questo sito allorché il trasferimento fraudolento di valori è entrato nel catalogo 231.

 

Fin da ora occorre evidenziare che l’art. 25-octies.1 compie un rinvio in blocco all’art. 512-bis c.p. e, di conseguenza, il Decreto 231 è stato innovato in automatico cioè senza una precisa previsione in tal senso da parte del legislatore.

 

Dopo l’analisi della nuova previsione (infra § 2) si affronteranno i temi che ciò pone nella prevenzione 231 (infra § 3) e poi si concluderà mettendo in luce come stia gradualmente affiorando un’omogeneità di scopo tra la prevenzione della criminalità d’impresa e la prevenzione della criminalità di stampo mafioso (infra § 4).

 

 

2. Il comma 2 dell’art. 512-bisp.: l’elusione fraudolenta della documentazione antimafia

 

Il disposto del comma 2 dell’art. 512-bis c.p. si pone in un rapporto di specialità rispetto alla previsione del comma 1.

 

Quest’ultima, infatti, punisce l’attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di beni al fine di eludere le misure di prevenzione patrimoniale o di agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Si presenta, quindi, come una fattispecie ad ampio raggio, dove la condotta – fraudolenta, a forma libera e sorretta dal dolo specifico – risulta svincolata da un contesto di azione determinato e ha come oggetto denaro, beni o altre utilità ovvero i beni e i rapporti patrimoniali di cui può essere titolare il proposto alla prevenzione patrimoniale e possono ricadere nello spettro del sequestro e della confisca ex d.lgs. n. 159/2011 oppure essere l’oggetto dei reati testé menzionati. Di conseguenza, queste misure divengono l’oggetto del dolo specifico, che selezionano l’ambito di applicabilità dell’incriminazione.

 

Il comma 2, invece, stante anche il testo legislativo che ha emendato il Codice penale, conservando il dolo specifico, presenta dei profili di specialità, che riguardano l’oggetto della condotta e il contesto in cui viene posta in essere, circostanza che pare costituire una condizione obiettiva di punibilità.

 

Infatti, la condotta elusiva ha come oggetto le disposizioni di documentazione antimafia ovvero – ex art. 84 d.lgs. n. 159/2011 – la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia e, quindi, le certificazioni poste a base di tali provvedimenti amministrativi, che nell’economia del nuovo Codice degli Codice (d.lgs. n. 36/2023) sono requisiti essenziali perché un operatore economico possa partecipare ad una gara pubblica ed eseguire la prestazione appaltata.

 

Pertanto, anche il profilo soggettivo risulta diverso da quello del comma 1: qui, infatti, sebbene la norma lo costruisca come un reato comune, nei fatti si tratta di un delitto a soggettività ristretta. La documentazione antimafia, infatti, ex art. 85 d.lgs. n. 152/2011, è richiesta – nel caso di imprese individuali – al titolare e al direttore tecnico, mentre – nel caso di enti – al direttore tecnico, al legale rappresentante, ai componenti dell’organo amministrativo e via continuando, ossia a chi esercita un’attività d’impresa in vari ruoli.

 

Così, anche l’oggetto della condotta viene ridescritto in funzione della documentazione antimafia, individuandolo nella i) titolarità dell’impresa, ii) nell’appartenenza delle quote sociali e iii) nelle persone che rivestono le cariche sociali ovvero l’oggetto di valutazione della comunicazione e dell’informazione antimafia.

 

A questo punto, la norma in commento presenta quella che sembra una condizione obiettiva di punibilità estrinseca: prevede, infatti, come momento di consumazione del reato la partecipazione dell’operatore economico alle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici o all’esecuzione di appalti o di concessioni.

 

Emerge, quindi, come detta novazione risponda allo scopo di prevenire l’infiltrazione della criminalità economico-mafiosa nella contrattazione pubblica e, quindi, come si ponga in un rapporto di specialità rispetto al reato di cui al comma 1 della medesima incriminazione, aprendo un nuovo capitolo nella compliance d’impresa.

 

 

3. La modifica per relationem al Decreto 231 e i susseguenti obblighi di compliance

 

Questa novazione al reato di trasferimento fraudolento di valori ha avuto effetti anche nel Decreto 231, sebbene il d.l. n. 19/2024 non abbia espressamente previsto nulla in merito. Infatti, l’art. 25-octies.1, d.lgs. n. 231/2001, pone – al comma 2-bis – un rinvio in blocco all’art. 512-bis c.p., prevedendo che:

 

In relazione alla commissione del delitto di cui all’articolo 512-bis del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 250 a 600 quote.

 

In ragione di tale tecnica di incriminazione, l’aggiunta della nuova disposizione nel Codice penale si riverbera per relationem anche sul Decreto 231, andando ad ampliare la sfera di operatività dell’illecito amministrativo correlato e di applicazione delle sue sanzioni, cioè della sanzione pecuniaria appena menzionata e, ex art. 25-octies. 1 co. 3, delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, co. 2, quali, fra le altre, la sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

 

Nascono, così, nuovi obblighi di compliance, che vanno ad inserirsi in un quadro di presidi preventivi già strutturato, focalizzando, tuttavia, un punto ancora in ombra. Infatti, tale nuovo illecito 231, sulla scorta di quanto tipizzato nel reato-presupposto, trova come proprio campo di applicazione quello delle procedure ad evidenza pubblica, contesto profondamente innovato dal nuovo Codice degli appalti, che – come si è già evidenziato in un precedente post – richiede quale requisito per la partecipazione alle gare di appalto l’adozione di un modello di organizzazione e gestione adottato ai sensi del d.lgs. n. 231/2001.

 

L’operatore economico, quindi, dovrà adeguare il MOG prevedendo specifiche misure di prevenzione e gestione del rischio-reato afferenti alla documentazione antimafia. Infatti, i soggetti su cui insiste la certificazione prevista dal d.lgs. n. 152/2011 corrispondono a chi nella compagine dell’impresa ricopre un ruolo apicale – quale, ad esempio, il legale rappresentante – oppure è sottoposto alla direzione o vigilanza di quest’ultimo, come il direttore tecnico. L’interesse e il vantaggio che l’ente potrebbe trarre dalla commissione del nuovo illecito 231, poi, si riscontrano nella partecipazione a (interesse, ex ante) o nell’esecuzione (vantaggio, ex post) di appalti o concessioni pubbliche, il cui controvalore andrebbe a rappresentare il profitto del reato di trasferimento fraudolento di valori.

 

È da considerare, infine, che nel sistema 231 il nuovo reato-presupposto potrebbe giocare un ruolo ulteriore in termini di compliance. L’attribuzione fittizia riguarda la titolarità dell’impresa, le partecipazioni al capitale (per azioni o per quote) e le cariche sociali ossia quelle oggettività che possono rendere occulto l’imprenditore, che – nell’ambito della prevenzione antimafia – è un’eventualità non secondaria. Così, il nuovo illecito 231 potrebbe anche condurre a far emergere casi di imprenditoria illegale o, più verosimilmente, ad escludere le imprese ‘contaminate’ dalle gare pubbliche, contesto in cui trova applicazione tale illecito.

 

 

4. Verso una omogeneità di scopi tra Decreto 231 e prevenzione antimafia

 

La modifica intervenuta nel 2024 all’illecito amministrativo dipendente dal reato previsto all’art. 25-octies.1 del Decreto 231 – al di là della circostanza che l’ha occasionata, ovvero l’attuazione del PNRR – tende a rendere il sistema della responsabilità da reato dell’ente sempre più uno strumento congeniale alla prevenzione antimafia, affrontando e gestendo il rischio di infiltrazioni illegali nell’impresa in una prospettiva preventiva.

 

Infatti, pare stia affiorando un’omogeneità di scopi tra la prevenzione della criminalità d’impresa e la prevenzione della criminalità di stampo mafioso. Le indagini empiriche sul tema – pubblicate nel volume Verso una riforma della responsabilità da reto degli enti: dato empirico e dimensione applicativa, il Mulino, 2023 – hanno fatto emergere come questi due ambiti di prevenzione siano in parte congruenti allorché l’ente viene utilizzato come strumento per la commissione di altri delitti, dove il reato di attribuzione fittizia di beni gioca un ruolo pivotale tra l’acquisizione illecita della provvista di denaro e il suo riciclaggio.

 

Pertanto, se nel 2023 l’introduzione di tale reato come reato-presupposto ambiva ad incrementare le procedure di due diligence nell’ambito dell’attività d’impresa per prevenire l’elusione delle misure di prevenzione patrimoniale nei rapporti commerciali tra privati, la novazione del 2024 si focalizza sui rapporti tra soggetto corporativo e pubblica amministrazione, che possono instaurarsi sulla base della documentazione antimafia attestante la ‘legalità’ dell’impresa e dell’imprenditore e, quindi, dell’iscrizione nella cd. while list dei fornitori istituita presso le Prefetture.

 

Il nuovo illecito 231, quindi, tende a implementare le funzioni di compliance afferenti alla prevenzione e gestione del rischio-reato desumibili dal Codice Antimafia, quale, fra gli altri, l’adozione all’interno dell’ente di procedure conformi ai protocolli di legalità ex art. 83-bis sottoscritti tra il Ministero dell’Interno e le associazioni imprenditoriali.

 

Emerge, così, un’omogeneità d’intenti tra questi due plessi normativi e si manifesta nella sintesi tra la trasparenza dell’assetto societario dell’ente e la legalità del suo agire sul mercato (attestata dall’iscrizione nella white list), che convergono nell’escludere l’impresa criminale dalle procedure ad evidenza pubblica.