Anticorruzione: rigorose proposte dalla Commissione UE, novità in vista per la responsabilità degli enti?

di  Megi  Trashaj,  Dottoranda  in Diritto penale;  Avvocato

 

 

1. La proposta della Commissione europea di Direttiva “sulla lotta alla corruzione” del maggio 2023

 

Da diversi anni si assiste, sia a livello nazionale che internazionale, a interventi di contrasto alla corruzione che, pur essendosi tramutati in piccole o grandi riforme, non sono stati in grado di placare l’attenzione sul fenomeno, ancora avvertito come rilevante e allarmante. L’ultima strategia sul punto è quella che ha recentemente intrapreso la Commissione europea.

 

Cominciando da qualche dato empirico di contesto, la corruzione, secondo recenti stime della Commissione, costa all’UE almeno 120 miliardi di euro all’anno. Gli effetti negativi della stessa si ripercuotono su tutto il pianeta minando gli sforzi volti a garantire buona governance e crescita economico-sociale.

 

Nonostante gli indici di corruzione a livello globale collochino molti Stati membri dell’Unione tra i paesi meno corrotti al mondo, i reati contro la pubblica amministrazione rimangono tra le principali preoccupazioni dei cittadini dell’UE: nel 2022 quasi sette europei su dieci ritengono che la corruzione sia fenomeno diffuso nel loro paese e solo il 31% giudica efficaci gli sforzi del proprio Stato per combatterla. In relazione a questi dati, che possono sembrare al quanto generici, si consideri qui che (purtroppo) per la misurazione del fenomeno “corruzione”, rispetto al quale in letteratura si evidenzia un grosso campo oscuro, le istituzioni (tra le quali anche la nota Transparency International che pubblica periodicamente report sul punto) non possono fare a meno di basarsi sul cd. Corruption Perceptions Indexd (CPI) che si fonda sulle “percezioni” e non su elementi empirici in grado di dar conto della realtà in senso più oggettivo.

 

Partendo da questi elementi, il 3 maggio 2023 la Commissione europea ha presentato una proposta di Direttiva in materia di corruzione che si inserisce nell’ambito delle azioni di contrasto al fenomeno preannunciate dalla presidente Ursula von der Leyen nel discorso sullo stato dell’Unione del 2022: “la corruzione erode la fiducia nelle nostre istituzioni; dobbiamo quindi combatterla con tutta la forza della legge”, per questo motivo “la Commissione presenterà misure per aggiornare il nostro quadro legislativo di lotta alla corruzione”.

 

La proposta di Direttiva è accompagnata da una comunicazione congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante che, all’insegna dello slogan “zero-tolerance policy towards corruption”,  illustrano – oltre agli obiettivi fin ora raggiunti a livello europeo –  i successivi traguardi dell’Unione.

 

Alla luce di questi documenti si configura nel complesso l’idea di dar vita, a livello europeo, ad un network anticorruzione che riunirà “le autorità di contrasto, le autorità pubbliche, gli operatori del settore, la società civile e altri portatori di interessi” per

  • fungere da “catalizzatore per prevenire la corruzione in tutta l’UE”,
  • sviluppare “migliori prassi e orientamenti” pragmatici per la prevenzione del fenomeno,
  • sostenere la Commissione nella mappatura delle “zone comuni ad alto rischio di corruzione nell’UE” (Comunicato stampa della Commissione europea del 4.5.2023).

 

Dall’analisi del testo della Direttiva proposta emerge, più nello specifico, che la Commissione europea voglia dar vita, a livello normativo, ad iniziative che muovono su molteplici direttrici legate all’anti-corruption: non solo prevenzione ma anche enforcement, raccolta dati e, non da ultimo, regolamentazione adottata dagli Stati membri sia in materia di reati commessi dalle persone fisiche che di illeciti posti in essere dalle persone giuridiche.

Aspetti sui quali ci si soffermerà con una breve panoramica nei seguenti paragrafi prestando infine una maggior attenzione alle novità che potrebbero riguardare la responsabilità da reato degli enti.

 

 

2. La “Culture of integrity” per una miglior prevenzione e la raccolta del dato empirico

 

Sul piano della prevenzione la Commissione propone l’intensificazione di attività di sensibilizzazione sul fenomeno corruttivo attraverso programmi di istruzione e ricerca che coinvolgano sia la società civile che le organizzazioni non governative.

Questo tipo di percorso dovrà essere necessariamente preceduto da un “risk assessment process” volto a identificare le aree più a rischio, attività da svolgersi entro il 2024 (art. 3 della proposta di Direttiva).

 

Anche la raccolta del dato empirico, proprio per la rilevanza che riveste nell’ottica di ponderate scelte politico-criminali, rappresenta un aspetto di interesse europeo.

Sul punto, infatti, la Commissione nella proposta di Direttiva (art. 26) prospetta la creazione di un database all’interno del quale confluiranno elementi statistici sui fenomeni corruttivi e nel dettaglio informazioni in materia di:

  • casi denunciati,
  • ipotesi per le quali sono state avviate indagini,
  • durata media delle indagini,
  • archiviazioni e relative motivazioni,
  • eventi portati a processo,
  • tempi del processo,
  • persone fisiche condannate,
  • enti ritenuti responsabili,
  • tipologia di sanzioni applicate.

 

Su questo punto è interessante notare, con riferimento alle corporations, che la Commissione – nel testo che precede l’articolato della direttiva proposta – si soffermi sul fatto che, nonostante la maggior parte degli Stati membri abbia dimostrato di avere già sistemi atti a raccogliere dati in materia di reati posti in essere dalle persone fisiche, non tutti i paesi membri invece dispongono di sistemi di archiviazione adeguata con riferimento alle condanne nei confronti degli enti.

 

 

3. Le indagini e la prescrizione

 

Guardando all’apparato investigativo, nella prospettiva della Commissione gli Stati membri dovranno garantire che le Autorità di controllo e le Procure dispongano di risorse umane (art. 5) e strumenti d’indagine adeguati alla lotta contro la corruzione. Per investigative tools “efficaci” possono intendersi quelli già in uso per il contrasto alla criminalità organizzata o ad altri “serious crimes” (art. 23).

 

Considerata poi la disparità di disposizioni nei vari Stati in materia di estinzione dei reati (es. la corruzione in Repubblica Ceca e in Lituania si prescrive in 3 anni, in Polonia in 25 anni) la strategia adottata dalla Commissione è quella di introdurre norme con termini minimi di prescrizione uniformi per “effectively investigate, prosecute, trial and decide on those offences” (art. 21).

A titolo esemplificativo, per la Misappropriation (definita all’art. 9 della proposta di Direttiva) è indicato un termine minimo di prescrizione non inferiore a 10 anni dal momento in cui il reato è stato commesso (art. 21, par. 2, lett. b).

 

 

4. La definizione delle condotte di reato realizzate dalle persone fisiche (artt. 7-14)

 

Dal punto di vista prescrittivo la proposta mira ad armonizzare le condotte tipiche che i diversi Stati utilizzano per dar corpo alle “fattispecie” di corruzione.

 

Sono quindi definiti negli artt. 7-13 del testo della proposta di Direttiva i seguenti reati

  • Bribery in the public sector (art. 7),
  • Bribery in the private sector (art. 8),
  • Misappropriation (art. 9),
  • Trading in influence (art. 10),
  • Abuse of functions (art. 11),
  • Obstruction of justice (art. 12),
  • Enrichment from corruption offences (art. 13).

con richiesta che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché le condotte specificatamente indicate siano sottoposte a trattamento penale.

Infine, l’art. 14 è volto a regolamentare anche i casi di istigazione, favoreggiamento e tentativo.

 

In sintesi, la proposta è diretta ad integrare nel diritto dell’UE tutti i reati, posti in essere sia nel settore pubblico che in quello privato, previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Per l’analisi più specifica delle singole definizioni, in questa sede – al fine di concentrare l’attenzione sulle disposizioni dedicate alle persone giuridiche – non si può che rimandare alla lettura del testo proposto dalla Commissione.

 

 

5. L’apparato sanzionatorio per le persone fisiche (art. 15)

 

Sul piano sanzionatorio, a seguito di uno studio (richiamato dalla Commissione nel testo che precede la proposta di Direttiva) dal quale è emersa un’alta disomogeneità delle pene comminate nei diversi Stati per i singoli reati (ad esempio l’appropriazione indebita è punita in Spagna con pena massima pari a 3 mesi, in Grecia a 15 anni), si propone non solo di imporre agli Stati membri l’adozione di “effective, proportionate and dissuasive criminal penalties” ma la Direttiva è anche volta a indicare dei limiti minimi oltre i quali non potranno scendere i massimi delle cornici edittali stabilite dagli Stati per i singoli reati.

 

Così, rimanendo ancora sull’esempio della Misappropriation (art. 9) la pena massima proposta della Commissione dovrebbe essere, in tutti gli Stati membri, di almeno 5 anni.

 

 

6. La responsabilità dell’ente per reati di corruzione (art. 16)

 

L’art. 16 della proposta di Direttiva è rubricato “Liability of legal persons”, con esso si chiede agli Stati membri di disciplinare la responsabilità delle persone giuridiche per i reati in materia di corruzione (quelli definiti dai citati artt. 7-14) commessi al loro interno.

La responsabilità della persona giuridica, specifica il testo in analisi, non escluderà la responsabilità delle persone fisiche che hanno posto in essere le condotte (art. 16, par. 3).

 

Più nello specifico, l’art. 16, primo paragrafo, disciplina il caso in cui il reato sia realizzato dagli “apicali” (volendo riprendere un lessico di sintesi usato dal nostro d.lgs. 231/2001) e prevede che gli Stati membri adottino misure necessarie affinché le persone giuridiche siano ritenute responsabili dei reati commessi a loro vantaggio (“for the benefit”).

Il testo in analisi spiega che sono da intendersi “apicali”: le persone fisiche che agiscono a titolo individuale o in quanto membri di un organo della persona giuridica e che detengano una leading position (posizione preminente) in seno all’ente sulla base di uno o più dei seguenti elementi:

  • potere di rappresentanza della società (art. 16, par. 1, lett. a),
  • potere di adottare decisioni per conto della corporation (art. 16, par. 1, lett. b),
  • potere di controllo all’interno della persona giuridica (art. 16, par. 1, lett. c).

 

Il secondo paragrafo dell’art. 16, invece, è dedicato al reato posto in essere dal “subordinato”. Anche qui l’indicazione è quella di imporre agli Stati membri di adottare misure necessarie affinché le persone giuridiche siano ritenute responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo (“lack of supervision or control”) da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, ad opera di una qualsiasi delle persone sottoposte alla sua autorità, di uno dei reati di cui agli articoli 7-14 a vantaggio dell’impresa.

 

La disposizione dedicata alla responsabilità della persona giuridica per i reati di corruzione segue una formula standard che si ritrova in altri strumenti giuridici dell’UE volti a prevedere l’obbligo per gli Stati membri di disciplinare una responsabilità per le corporations in relazione a reati commessi a loro vantaggio da apicali o subordinati (in tal senso si veda, a titolo esemplificativo, l’art. 6 della cd. Direttiva PIF). Anche in questo caso, non è richiesto che tale responsabilità sia necessariamente di tipo penale.

 

Dal punto di vista dei criteri imputativi, il testo dettato dalla Commissione non si distanzia molto da quanto già previsto dal nostro d.lgs. 231/2001. Si segnala tuttavia che, mentre nel sistema italiano l’ente è chiamato a rispondere dell’illecito sia quando il reato sia commesso nel suo “interesse” che quando esso sia realizzato a suo “vantaggio” (art. 5, co. 1, d.lgs. 231/2001)[1], nel testo europeo in analisi è solo l’ultimo dei due criteri ad essere espressamente contemplato (“for the benefit”). Inoltre, rimanendo ancora sul dato letterale, mentre gli artt. 6 e 7 del d.lgs. 231/2001 descrivono i casi in cui, nonostante un reato si sia verificato, l’ente possa andare esente da responsabilità al sussistere di determinati presupposti[2] tali esenzioni (di compliance) non sono esplicitate dal testo europeo.

 

 

7. Le sanzioni per le persone giuridiche (art. 17)

 

L’art. 17 invece è dedicato alle “Sanctions for legal persons” e prevede che gli Stati adottino misure necessarie per garantire che le persone giuridiche ritenute responsabili dei reati ai sensi del precedente articolo 16 siano destinatarie di sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive” (par. 1).

 

Sono poi individuate in modo puntuale le sanzioni che gli Stati membri dovranno applicare all’ente nei casi di accertata responsabilità ex art. 16:

  • sanzione pecuniaria – penale o non penale – il cui limite massimo non dovrà essere inferiore al 5% del fatturato totale (a livello mondiale, comprese le entità collegate) della persona giuridica nell’anno precedente alla decisione che applica la sanzione (art. 17, par. 2, lett. a);
  • esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico (art. 17, par. 2, lett. b);
  • esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gare pubbliche (art. 17, par. 2, lett. c);
  • interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di attività commerciali (art. 17, par. 2, lett. d);
  • revoca dei permessi o delle autorizzazioni all’esercizio delle attività nel cui ambito è stato commesso il reato (art. 17, par. 2, lett. e);
  • eventuale scioglimento, ad opera delle autorità pubbliche, del contratto, stipulato con la persona giuridica, nel contesto del quale è stato commesso il reato (art. 17, par. 2, lett. f);
  • assoggettamento a sorveglianza giudiziaria (art. 17, par. 2, lett. g);
  • scioglimento giudiziario (“winding-up”) (art. 17, par. 2, lett. h);
  • chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati utilizzati per commettere il reato (art. 17, par. 2, lett. i).

 

Nella gamma delle sanzioni proposte dalla Commissione europea contro l’ente spicca, in particolare, quella che correla la sanzione pecuniaria al fatturato della persona giuridica per stabilire una base afflittiva minima. Questo non tanto perché rappresenti qualcosa di nuovo nel panorama europeo l’idea di commisurare l’importo della sanzione agli introiti della corporations – si pensi al Regolamento UE sulla Privacy 2016/679 che prevede una disposizione simile all’art. 83, par. 4 – ma soprattutto perché negli atti europei che hanno portato a modifiche della responsabilità dell’ente dipendente da reato (in tal senso può richiamarsi ancora la Direttiva PIF) una simile sanzione – che peraltro gli Stati dovrebbero necessariamente prevedere – sembra raffigurare un unicum in continuità con il disposto attualmente vigente del d.lgs. 231/2001 che valorizza il giro d’affari dell’impresa rapportando l’importo della quota alle “condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione” (art. 11, co. 2, d.lgs. 231/2001).

 

Tra le sanzioni indicate, infine, rilevante è anche il fatto che la sorveglianza giudiziaria appaia indicata quale sanzione principale mentre nel d.lgs. 231/2001 il commissariamento rappresenta misura cautelare (art. 45 d.lgs. 231) o, tuttalpiù, una sanzione sostitutiva dell’interdittiva (applicabile al sussistere di determinate condizioni dipendenti dall’attività svolta dall’ente e dalle conseguenze negative che avrebbe nel tessuto economico-sociale l’applicazione dell’interdizione, art. 15 d.lgs. 231).

 

8. Le prossime tappe

 

Il testo della proposta di Direttiva sulla lotta alla corruzione dovrà essere prima negoziato e poi adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo le ordinarie procedure legislative dell’Unione Europea. Non resta quindi che attendere e seguire con attenzione gli sviluppi del procedimento legislativo per verificare se e in che termini le proposte della Commissione entreranno a far parte prima del diritto europeo e poi di quello del nostro ordinamento.

 

 

 

 

Clicca qui per leggere la proposta di Direttiva sulla lotta alla corruzione della Commissione europea del 3 maggio 2023.

 

Clicca qui per leggere il comunicato stampa della Commissione europea del 4 maggio 2023.

 

 

[1] Sull’alternatività tra i due criteri si ricorda, tra le altre, la sentenza delle S.U. sul caso Thyssenkrupp, Cass. Pen. n. 38343/2014.

[2] Sul punto si rinvia a F. Centonze, Il crimine dell’«attore decisivo», i limiti della compliance e la prova «certa» della colpa di organizzazione. Riflessioni a margine della sentenza “Impregilo”, in Cassazione penale, 2022, pp. 4372-4440.