Revisioni alla Corporate Enforcement Policy: ultime notizie dagli USA
di Claudia Cantisani, Assegnista di ricerca in Diritto penale
1. Introduzione
Il 17 gennaio scorso, durante un discorso tenuto presso il Georgetown University Law Center di Washington (Remarks on Revisions to the Criminal Division’s Corporate Enforcement Policy), l’Assistant Attorney General Kenneth A. Polite, Jr. ha annunciato e commentato le prime significative modifiche (“first significant changes”) alla cd. Corporate Enforcement Policy (CEP) del 2017.
La CEP, ad oggi incorporata nel Justice Manual del Dipartimento federale di giustizia americano (Department of Justice – DOJ), consiste in un programma di azioni dirette ad incentivare la voluntary self-disclosure e la cooperazione delle imprese nelle investigazioni governative sul corporate crime. Essa ha esteso una Policy già esistente, inaugurata dalla Criminal Division nel 2016 con il cd. FCPA Pilot Program, destinato ad operare all’interno della Fraud Section’s FCPA Unit del Dipartimento federale di giustizia con l’obiettivo di fornire una guida ai prosecutors nei casi di criminalità d’impresa relativa al Foreign Corrupt Practices Act (FCPA).
Nel disporre un quadro dei potenziali risultati che le imprese possono ragionevolmente aspettarsi in caso di condotte collaboranti (voluntary self-disclosure, cooperation, remediation), il programma valorizza al massimo grado la trasparenza (tema cruciale nella lotta al corporate crime e ripreso, peraltro, dal recente Memorandum del Deputy Attorney General Lisa Monaco dello scorso 15 settembre 2022).
Nonostante la definitezza degli obiettivi e degli strumenti compresi nella CEP ora richiamata, i componenti del DOJ sono stati da ultimo investiti del compito di formulare (nuove) politiche di voluntary self-disclosure, allo scopo di colmare le residue lacune e chiarire i benefici derivanti da una tempestiva attività di self-reporting. Gli organi dirigenziali delle corporations vengono ora dotati di strumenti di valutazione più precisi per capire se la voluntary self-disclosure possa effettivamente rappresentare una “good business decision”. Nasce così la Criminal Division Corporate Enforcement and Voluntary Self-Disclosure Policy (Jan. 2023).
Di seguito i punti cruciali della modifica e gli scenari che si aprono in relazione al diverso grado di cooperazione ed efficienza dell’ente nel collaborare con le autorità investigative.
2. Ratio e ambito applicativo delle CEP’s Revisions
Le Revisions alla CEP si applicano a tutti i casi di corporate crime trattati dalla Criminal Division e sono dirette a fornire alle imprese concreti incentivi alla voluntary self-disclosure societaria, alla totale cooperazione (full cooperation) e al tempestivo e adeguato ristoro dei danni (timely and appropriate remediation).
Tali incentivi consistono nel prevedere un ventaglio di potenziali esiti favorevoli, in relazione al grado d’impegno mostrato dall’impresa: a) una presunzione di declination of criminal prosecution per le imprese che attuino la voluntary self-disclosure, una full cooperation e provvedano ad una timely and appropriate remediation; b) inclusione dei casi aggravati nelle valutazioni che possono condurre alla declination; c) riconoscimento di un credito limitato e di un’attenuazione della sanzione per le imprese che non fanno self-disclosure ma che si adoperano successivamente per una piena cooperazione e una tempestiva e adeguata riparazione del danno.
L’aspetto innovativo delle revisioni risiede, in particolare, nell’attribuire ai prosecutors il potere di: a) disporre la declination of criminal prosecution anche in presenza di circostanze aggravanti; b) attenuare considerevolmente la sanzione applicabile alle imprese che non possono sottrarsi alla condanna e di stabilire – in alcuni specifici casi – da quale soglia partire per calcolare la diminuzione.
2.1 Declination of criminal prosecution anche per i casi aggravati
Quanto al primo punto, la modifica appare di rilevante significato in quanto nella precedente disciplina le circostanze aggravanti inibivano l’accesso ai benefici (in particolare, le circostanze della partecipazione dell’executive management dell’impresa alla commissione dell’illecito; il considerevole profitto; la recidiva e il grado di diffusione dell’illecito all’interno dell’impresa).
Ora anche quando sussistano circostanze aggravanti il prosecutor può giungere alla declination ove ricorrano cumulativamente tre diverse condizioni:
- La voluntary self-disclosure è stata fatta immediatamente dopo che l’impresa è venuta a conoscenza della misconduct;
- al tempo dell’illecito e della self-disclosure l’impresa aveva adottato un programma di compliance efficace nonché un sistema di controlli interni per l’identificazione e l’imputazione degli illeciti;
- l’impresa è autrice di una straordinaria (“extraordinary”) opera di cooperazione alle indagini del Dipartimento e ha intrapreso una straordinaria opera di riparazione.
L’opportunità di ottenere la prosecution’s declination nonostante la sussistenza di circostanze aggravanti è dunque diretta alle imprese che abbiano adottato un approccio responsabile (“take compliance and good corporate citizenship seriously”). Sul carattere “straordinario” della cooperazione e della riparazione si tornerà più oltre (v. § 5).
2.2 Ampia discrezionalità nel calcolo del quantum nella riduzione delle sanzioni previste dalle U.S.S.G.
Quanto a questo secondo profilo, occorre fare una distinzione tra le imprese che, seppur sicuramente destinate ad una criminal resolution per la gravità e natura dell’offesa, hanno o non hanno fatto self-disclosure.
In relazione alle prime, la Criminal Division può: a) concedere o raccomandare all’autorità giudiziaria una riduzione del minimo edittale previsto dalle Sentencing Guidelines (“low end of the U.S.S.G. fine range”) dal 50% al 75%, esclusi i casi di recidiva. In queste ultime ipotesi, infatti, la riduzione della sanzione non partirà dal minimo edittale, bensì da una misura compresa entro la cornice edittale prevista dalle Guidelines, discrezionalmente individuata dal prosecutor; b) non prevedere il guilty plea nella determinazione della criminal resolution, se mancano circostanze particolarmente gravi (“absent the presence of particularly egregious or multiple aggravating circumstances”) e ciò anche nei casi di recidiva; c) non richiedere l’intervento di un organo deputato al controllo (“monitor”) se la società ha dimostrato, al tempo della resolution, di aver implementato e verificato un programma di compliance effettivo, e di aver posto rimedio alle cause dell’illecito.
Le modifiche introducono un significativo aumento della potenziale riduzione sanzionatoria: nella disciplina precedente, infatti, l’attenuazione non poteva superare il 50% della cornice delle Guidelines.
La prospettiva di reduction viene inoltre estesa dalla nuova policy anche alle imprese che non abbiano eseguito la self-disclosure volontaria, a patto però che abbiano successivamente “fully cooperated” e “timely and appropriately remediated”. Per queste può essere infatti prevista una riduzione della sanzione fino al 50% del minimo edittale prescritto dalle U.S.S.G., in misura maggiore, cioè, rispetto alla precedente disciplina (nel caso di criminal recidivist – anche qui – la riduzione partirà invece non dal minimo edittale, bensì da una soglia individuata discrezionalmente dal prosecutor, il quale determinerà discrezionalmente anche la soglia di attenuazione).
Come valutare tuttavia la piena cooperazione e la tempestività della riparazione? Il documento introduttivo della nuova CEP offre indicazioni definitorie estremamente utili.
3. La “Full Cooperation”
In breve, si ha piena cooperazione quando l’impresa soddisfa alcune condizioni aggiuntive e ulteriori a quelle già enunciate nei Principles of Federal Prosecution of Business Organizations (DGA Mark Filip, August 2008), nella specie: a) tempestiva disclosure di tutti i fatti non privilegiati rilevanti; b) cooperazione proattiva e non meramente reattiva; c) puntuale e volontaria conservazione, raccolta, e comunicazione dei documenti rilevanti e delle informazioni sulla loro provenienza; d) risoluzione delle possibili situazioni di conflitto nello svolgimento di interviste a potenziali testimoni durante le investigazioni interne – ove l’impresa ne abbia effettuate – in modo da evitare interferenze con le indagini della Criminal Division; e) garantire la disponibilità del personale dell’impresa per interviste e colloqui presso la Criminal Division.
4. La “Timely and Appropriate Remediation”
Essa può essere valutata in base ai seguenti parametri: a) dimostrazione di aver investito nell’analisi delle cause della misconduct e dei mezzi per una sua eliminazione; b) implementazione di un programma effettivo di compliance e due diligence, i cui criteri devono essere periodicamente aggiornati e possono variare in relazione alle dimensioni e alla disponibilità di risorse dell’impresa; c) previsione di una adeguata disciplina per i dipendenti sospettati di aver commesso l’illecito; d) conservazione adeguata dei registri societari; e) qualsiasi altro contributo che dimostri la serietà dell’impresa nel riconoscere l’illecito e la propria responsabilità per la sua commissione, nonché nell’implementazione di misure per ridurre il rischio di recidiva.
La specificazione dei sotto-requisiti richiesti per integrare i profili di completezza e tempestività nelle attività di collaborazione proattiva dell’ente, ulteriori alla self-disclosure volontaria, si rivela un’utile guida per i prosecutors. Esistono ipotesi, tuttavia, in cui la discrezionalità di tali organi rimane ampia: ad esempio nella valutazione sulla straordinarietà della cooperazione e della riparazione nei casi in cui l’ente abbia fatto self-disclosure, ma nondimeno ricorrano circostanze aggravanti tali da inibire l’automatica applicazione dei benefici.
Come visto in apertura, in tali casi occorre che l’ente si distingua per la “extraordinary cooperation with the Department’s investigation” e per una “extraordinary remediation”. Come intendere questo profilo di straordinarietà?
5. Le extraordinary “cooperation” e “remediation”
Secondo le osservazioni di Kenneth A. Polite, Jr. i parametri di valutazione da applicare alle imprese non si differenziano molto da quelli applicabili alle persone fisiche, a cui è pertanto possibile fare riferimento: si pensi ai criteri di immediatezza, coerenza, grado, impatto.
La qualità della cooperazione, a livello individuale, viene infatti valutata tenendo conto di: immediatezza della cooperazione e la continuità nel dichiarare la verità; disponibilità del soggetto a fornire prove che gli organi investigativi non potrebbero altrimenti ottenere, come l’accesso rapido ai dispositivi elettronici o alle conversazioni registrate; effettività della cooperazione da misurare sulla base di risultati concreti, come testimonianze durante il processo o comunicazione di informazioni che portano a ulteriori condanne.
Tanto premesso, si osserva che la differenza tra cooperazione piena e straordinaria risiede non tanto nella tipologia di condotte praticabili, quanto piuttosto nel grado di disponibilità dell’ente nell’attività di collaborazione: non è sufficiente un livello comune e neanche attenersi ai cd. golden standards, occorre, bensì, molto di più.
La disponibilità alla cooperazione extra ordinem è dunque il coefficiente di valutazione del credito dell’impresa (cd. cooperation credit). Tanto maggiore è il credito, tanto più realistica diventa la prospettiva di conseguire benefici. Questa valutazione appare tuttavia in gran parte rimessa alla discrezionalità del prosecutor a cui spetta di fatto l’ultima parola nel selezionare le imprese meritevoli.
6. Conclusioni
Pare che il corrente atteggiamento nei confronti del corporate crime consista in una “combination of carrots and sticks – with a mix of incentives and deterrence” (cfr. supra Memorandum DAG Monaco, Sep. 2022, per il commento del quale si rinvia a link). Le imprese vengono ora messe nella condizione di partecipare attivamente alla lotta alla criminalità d’impresa – e, in particolare, all’individuazione degli individui responsabili – attraverso il proprio attivo contributo.
Questo tuttavia non potrà non assumere le vesti di una scelta in parte “necessitata” per la irrefutabile convenienza che deriva all’ente dall’aderire a forme di cooperazione. “Come forward, cooperate, and remediate” diventa così la formula-chiave nella valutazione di rischi e interessi rimessa agli organi dirigenziali dell’impresa. D’altra parte, la nuova CEP consegna ai prosecutors considerevoli margini di discrezionalità sia nella valutazione dei requisiti per l’applicazione dei benefici – ad es. nel vagliare la qualità della cooperazione dell’ente – sia nella determinazione quel quantum di attenuazione sanzionatoria.