Reati e illeciti tributari: i ‘ritocchi’ del d.lgs. 156/2022
di Megi Trashaj, Dottoranda in Diritto penale; Avvocato
1. Gli ambiti di intervento del d.lgs. 156/2022
Il 6 novembre 2022 è entrato in vigore il d.lgs. 156 del 2022 che, concentrando l’attenzione sul diritto penale tributario, modifica le disposizioni di cui agli artt. 6 del d.lgs. 74/2000 (in materia di tentata dichiarazione fraudolenta o infedele) e 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001 (in tema di illecito amministrativo dell’ente per reati tributari) con l’obiettivo di rendere l’ordinamento italiano maggiormente conforme alle disposizioni europee in materia di contrasto all’evasione dell’IVA.
Proprio con la stessa finalità (cioè quella di rispettare ‘obblighi’ UE), sulle medesime norme era intervenuto di recente il d.lgs. 75/2020 in attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 relativa alla lotta delle frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea (cd. direttiva PIF).
Si ricorderà, poi, che la materia oggetto di interesse era stata già in precedenza novellata con il d.l. 124/2019 (convertito con modifiche in l. 157/2019), volto, sul fronte delle persone fisiche, ad irrigidire il trattamento sanzionatorio per reati fiscali (realizzando un ritorno al noto slogan “manette agli evasori”) e, su quello delle persone giuridiche, ad introdurre l’allora inedita responsabilità dell’ente per delitti tributari.
Dopo un sintetico recap delle modifiche che le menzionate fonti normative hanno apportato nel giro di pochi anni agli artt. 6 del d.lgs. 74/00 e 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/01, ci si soffermerà sui ‘ritocchi’ che il d.lgs. 156/2022 apporta a queste disposizioni e sui possibili problemi applicativi che pone il dettato normativo attualmente in vigore.
2. L’art. 6 del d.lgs. 74/2000: dalla non punibilità del tentativo alla tutela degli gli interessi finanziari dell’UE
Sulla versione originaria dell’art. 6 del d.lgs. 74/2000 è prima intervenuto il d.lgs. 75/2020 e poi il d.lgs. 156/2022 con una disposizione ‘correttiva’ rispetto al precedente decreto.
2.1. La (precedente) non punibilità del tentativo di dichiarazione fraudolenta o infedele
Dall’entrata in vigore della «Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto» di cui al d.lgs. 74/2000 e fino al 2020 i delitti di Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e Dichiarazione infedele non erano (mai) puniti a titolo di tentativo.
Ne derivava che le irregolarità in corso d’anno assumevano rilievo solo dal punto di vista amministrativo, giunto il termine per la dichiarazione esse invece diventavano significative dal punto di vista penale.
2.2. La (superata) tentata dichiarazione fraudolenta o infedele posta in essere «anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea»
Con il d.lgs. 75/2020, al fine di apprestare maggior tutela agli interessi finanziari dell’Unione Europea, la situazione cambia e, in particolare, si dilata l’ambito del penalmente rilevante per le ‘gravi’ evasioni in danno all’UE e dunque per gli illeciti correlati all’IVA.
Così i reati di tentata dichiarazione fraudolenta o infedele assumono rilievo penale quando «gli atti diretti a commettere i delitti di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione europea, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro».
La disposizione in questi termini rimane in vigore fino al novembre del 2022.
2.3. La (attuale) tentata dichiarazione fraudolenta o infedele «nell’ambito di sistemi […] transfrontalieri […] connessi al territorio di almeno un altro Stato membro»
Il d.lgs. 156/2022, da ultimo, modifica nuovamente l’art. 6 del d.lgs. 74/2000 che attualmente dispone al comma 1 «I delitti previsti dagli articoli 2, 3, 4, non sono punibili a titolo di tentativo, salvo quanto previsto al comma 1-bis» e, al comma 1-bis, «Quando la condotta è posta in essere al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea, dai quali consegua o possa conseguire un danno complessivo pari o superiore a euro 10.000.000, il delitto previsto dall’articolo 4 è punibile a titolo di tentativo. Fuori dei casi di concorso nel delitto di cui all’articolo 8, i delitti previsti dagli articoli 2 e 3 sono punibili a titolo di tentativo, quando ricorrono le medesime condizioni di cui al primo periodo».
Cosa cambia, dunque, con il d.lgs. 156/2022?
- Scompare il riferimento alla punibilità degli «atti diretti» (che aveva generato dubbi sull’applicazione dell’ 56 c.p. al delitto tentato in frode all’UE) per essere sostituito con la punibilità dell’azione «a titolo di tentativo». Così facendo il legislatore indica che per il verificarsi del (grave) ‘tentativo’ di dichiarazione fraudolenta o infedele devono sussistere tutti i requisiti richiesti dal noto art. 56 c.p. dunque anche gli atti ‘idonei’ e ‘non equivoci’;
- si modifica in parte la descrizione della condotta ‘transnazionale’ punibile a titolo di tentativo. Essa, prima, doveva ritenersi realizzata quando attuata «anche nel territorio di altro Stato membro dell’Unione» (oltre a quello italiano) mentre adesso la ‘transnazionalità’ sussiste se la condotta illecita è «posta in essere […] nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea». Secondo la Relazione illustrativa il nuovo testo sarebbe più «aderente alla direttiva [PIF] con specifico riferimento alla corretta individuazione del profilo di transnazionalità unionale» (Relazione, p. 3) e, dunque, più nel dettaglio agli artt. 2, co. 2 (che prevede il requisito della ‘connessione’) e 3 (che impone la sanzione dei ‘sistemi fraudolenti transfrontalieri’) della direttiva PIF;
- la soglia della punibilità del tentativo in frode all’UE, prima fissata per un «valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro», ora diviene «pari o superiore» allo stesso importo (conformemente all’art. 2 della direttiva);
- si rende esplicito che i tentati delitti di dichiarazione fraudolenta trovano applicazione solo «fuori dei casi di concorso» (art. 110 c.p.) nel reato di Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 del d.lgs. 74/2000).
3. L’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001: dalla sua introduzione alla ‘rafforzata’ tutela agli interessi finanziari dell’UE
Come anticipato, l’altra norma modificata nel novembre 2022 è quella di cui all’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001. Prima di analizzare la sua attuale versione occorre rievocare le ‘origini’ di questa disposizione (quindi il d.l. 124/2019, convertito con modifiche in l. 157/2019) e la prima formulazione della tutela ‘rafforzata’ apprestata in seno al 25-quinquiesdecies agli interessi dell’Unione (con il più volte menzionato d.lgs. 75/2020).
3.1. L’introduzione della responsabilità dell’ente per reati tributari
Si ricorderà che l’art. 25-quinquiesdecies è stato introdotto per effetto del d.l. 124/2019 convertito con modifiche in l. 157/2019. La novella è volta a disciplinare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i più gravi reati tributari commessi nell’interesso o vantaggio dell’ente (sul tema si veda F. Mucciarelli, 2022, pp. 177 ss.).
Così, l’ingresso di alcuni dei reati fiscali tra quelli idonei a dar luogo alla responsabilità della corporation ha spinto (o, meglio, avrebbe dovuto spingere), anche in questo settore, le imprese alla compliance e dunque all’adeguamento dei propri modelli organizzativi nell’ottica della prevenzione dei reati tributari, il tutto sotto la ‘minaccia’ di sanzioni sia pecuniarie che interdittive. Anche, se, ad essere più precisi, i MOG avrebbero già potuto/dovuto in qualche modo prendere in considerazione il ‘rischio’ di illecito tributario nel caso in cui esso potesse essere ‘connesso’ all’eventualità di commissione di altri reati già presupposto della responsabilità dell’ente (si pensi all’associazione a delinquere – artt. 416 c.p. e 24-ter d.lgs. 231/2001 – volta a realizzare frodi fiscali).
I reati idonei dal 2019 a dar luogo alla responsabilità della persona giuridica sono quelli di cui agli artt. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 3 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), 10 (Occultamento o distruzione di documenti contabili) e 11 (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) del d.lgs. 74/2000.
3.2. Il d.lgs. 75/20 e l’aggiunta nel ‘catalogo’ di nuovi reati tributari commessi «nell’ambito di sistemi transfrontalieri» contro l’UE
A distanza di un anno dal precedente intervento, il legislatore – in attuazione della direttiva PIF e dunque con il d.lgs. 75/2020 – amplia ancora il ‘catalogo’ dei reati presupposto aggiungendovi le ipotesi di cui agli artt. 4 (Dichiarazione infedele), 5 (Omessa dichiarazione) e 10-qutaer (Indebita compensazione) del d.lgs. 74/2000 purché commessi «nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro».
3.3. Il d.lgs. 156/22: i sistemi in frode all’UE devono essere «connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione»
Proprio su questa disposizione interviene adesso il d.lgs. 156/2022
- modificando la descrizione della condotta illecita e quindi specificando che i ‘sistemi fraudolenti’ debbano essere «connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione europea» (formula ripresa dall’art. 2, co. 2, della direttiva PIF);
- abbassando, pure in questa ipotesi, la soglia della punibilità che può ritenersi raggiunta anche quando «consegua o possa conseguire un danno complessivo pari [ai] dieci milioni di euro» ( 25-quinquiesdecies, co. 1-bis, del d.lgs. 231/2001). Modifica imposta – come illustrato nella menzionata Relazione illustrativa – dalla previsione della direttiva PIF che inquadra tra i reati «gravi» contro l’UE anche quelli che eguagliano la cifra dei 10 milioni di euro (art. 2 della direttiva PIF) e non solo quelli che la superano.
4. I profili aperti e i dubbi interpretativi
L’avvicendarsi delle varie modifiche sul d.lgs. 74/2000 e sul d.lgs. 231/2001 lascia alcuni interrogativi e nodi aperti per l’interprete.
4.1. Che cosa sono i «sistemi fraudolenti transfrontalieri» «connessi al territorio di almeno un altro Stato membro dell’Unione Europea»?
Sia nel testo dell’art. 6, co. 1-bis, del d.lgs. 74/2000 che in quello dell’art. 25-quinquiesdecies d.lgs. 231/2001 il legislatore – per disciplinare la condotta sanzionata in frode all’UE – fa ricorso alle parole ‘sistema transfrontaliero’ e ‘connessione al territorio’ senza fornire una definizione di tali concetti.
Come già evidenziato dalla dottrina «la clausola concernente i sistemi fraudolenti transfrontalieri […] non spicca per perspicuità sul versante della precisione e della determinatezza» (F. Mucciarelli, 2022, p. 192) e altrettanto si può dire con riferimento alla ‘connessione’ che questi sistemi devono avere con il territorio italiano e quello di (almeno) un altro Stato UE.
4.2. L’art. 6, co.1-bis, d.lgs. 74/00 può essere reato presupposto della responsabilità per l’ente ex d.lgs. 231/01?
Continuando con i dubbi, ci si potrebbe poi domandare se la tentata dichiarazione fraudolenta o infedele in frode all’UE (sopra analizzata) costituisca reato presupposto della responsabilità dell’ente.
In relazione a questo punto, si può notare, infatti, che se da una parte l’art. 26 del d.lgs. 231/2001 estende l’applicabilità dell’art. 56 c.p. in materia di tentativo a tutti i ‘reati presupposto’ della responsabilità della persona giuridica, dall’altra, però, l’art. 6 del d.lgs. 74/2000 non è incluso tra gli illeciti presupposto dell’ente seppure la condotta tipica punita nel caso di gravi frodi tentate contro l’UE sia stata proprio inserita in questo articolo.
4.3. Anche per il settore tributario non sono stati risolti i problemi di mancato coordinamento tra le cause di non punibilità per le persone fisiche e la disciplina per le corporations
Guardando più in generale alla disciplina tributaria, si può evidenziare che, seppure quella in materia fiscale rappresenti una delle ultime ‘aggiunte’ al catalogo dei reati presupposto idonei a dar luogo alla responsabilità amministrativa dell’ente, anche in questo settore il legislatore – sia in origine che con gli interventi normativi che si sono avvicendati – ha evitato di ‘coordinare’ la disciplina dettata per la persona giuridica con quella applicabile al suo apicale o subordinato.
Il riferimento è, evidentemente, all’art. 13 del d.lgs. 74/2000 che prevede la non punibilità per l’autore di alcuni reati tributari (artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis, 10-ter, 10-quater d.lgs. 74/2000) nel caso in cui egli provveda al «pagamento del debito» nei modi e tempi previsti dalla legge. Guardando ad altri istituti o settori il pensiero va all’art. 131-bis c.p. (che esclude la punibilità della persona fisica per particolare tenuità del fatto) o all’art. 318-septies d.lgs. 152/2006 cd. TUA (che disciplina l’estinzione del reato per il contravventore persona fisica).
Quelle richiamate sono tutte definizioni (‘a lieto fine’) del procedimento per l’autore del reato che, sin dalla sentenza della Cass. pen. Sez. III, 23 gennaio 2019, n. 11518 (in materia di 131-bis c.p.: «la eventuale declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto nei confronti dell’autore del reato presupposto non incide sulla contestazione formulata nei confronti dell’ente, né ad esso può applicarsi la predetta causa di non punibilità» §24), sono ritenute dagli indirizzi applicativi prevalenti inapplicabili all’autore dell’illecito amministrativo e quindi all’impresa per effetto dell’art. 8 d.lgs. 231/2001 (sul principio dell’autonomia della responsabilità della corporation rispetto alla persona fisica), conclusione per il vero criticata da parte della dottrina (sul punto si veda di recente R. Bartoli, 2020).
4.4. All’ente con sede all’estero può essere richiesto l’adempimento di obblighi di compliance italiani?
La disciplina di illeciti transazionali, su cui incide il d.lgs. 156/2022, in ultimo, riporta alla mente il dibattito sviluppatosi attorno all’applicabilità del d.lgs. 231/2001 agli enti con sede all’estero nel caso di condotte poste in essere in Italia (sul punto si veda Cass. pen. Sez. VI, 11 febbraio 2020, n. 11626 che in un caso di corruzione ammette l’applicabilità del d.lgs. 231/01 all’ente di dritto straniero: «la giurisdizione va apprezzata con riferimento al reato-presupposto» § 6.3) e all’ancor più complicato caso di reato presupposto (per il quale sussista la giurisdizione italiana) commesso all’estero da ente straniero (sul punto si veda G. Principato – G. Cassinari, 2020).
Ipotesi, quest’ultima, che potrebbe mostrarsi tutt’altro che di difficile realizzazione nell’ambito delle frodi IVA contro l’UE stante il fatto che l’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001 richiede sì che il reato sia «commesso» nell’ambito di sistemi transfrontalieri ma si accontenta del semplice fatto che questi sistemi siano «connessi» al territorio italiano e di un altro Stato UE, senza quindi specificare quale sia la ‘connessione’ significativa e lasciando aperte le porte alla rilevanza di condotte di società estere realizzate al di fuori dei confini della penisola.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto (impresa estera e reato commesso fuori dai confini italiani), la domanda – anche nel settore tributario – è semplice: alla luce del principio di colpevolezza, fino a che punto l’ordinamento può chiedere ad un’impresa estera di adottare gli obblighi di compliance ex d.lgs. 231/2001 vigenti in Italia?
- Arriveranno risposte della giurisprudenza e del legislatore
La responsabilità della persona giuridica, seppur entrata in vigore orami da diversi anni, rappresenta ancora per alcuni aspetti un settore ‘nuovo’ per il giurista (basti pensare alla scarsa applicazione del d.lgs. 231/2001 in Italia) e ancor più recente è la disciplina in materia di illeciti tributari. Proprio per questo motivo, dunque, non resta che attendere il ‘sedimentarsi’ dei mutamenti introdotti nel sistema con le novelle passate in rassegna e le risposte che la giurisprudenza o il legislatore elaboreranno in relazione ai profili sopra evidenziati.