Nuovi orizzonti normativi per la disciplina del whistleblowing nel settore privato
di Eliana Romanelli, Dottoranda in Diritto penale; Avvocato
L’istituto giuridico del whistleblowing ha radici antiche e mira a incentivare la collaborazione dei segnalanti per favorire l’emersione dei fenomeni illeciti, individuarli e contrastarli all’interno di determinati contesti, nell’ottica di rafforzare il rapporto di fiducia tra il vertice e gli stakeholders dell’ente e di creare un clima di trasparenza e affidabilità in cui ciascuno sia stimolato a dare il suo contributo alla cultura dell’etica e della legalità.
Esso costituisce, dunque, uno strumento utile per il contrasto delle condotte illegali all’interno delle organizzazioni complesse.
1. La Legge n. 179/2017 e la responsabilità amministrativa degli enti
Sotto la spinta del legislatore internazionale, la Legge n. 179/2017 (“Legge whistleblowing”) ha previsto, anche nel contesto italiano, una disciplina organica del whistleblowing nel settore privato (in aggiunta a quella già in vigore per quello pubblico), ricollegandola alla normativa in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 (“Decreto 231”), con la finalità di perseguire la massima prevenzione possibile di condotte illecite e rendere più virtuoso il comportamento degli enti.
Come noto, la Legge whistleblowing ha modificato l’art. 6 del Decreto 231 (nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater), introducendo un ulteriore requisito di idoneità dei modelli organizzativi, i quali devono prevedere, in favore dei soli soggetti apicali o sottoposti di cui all’art. 5:
- uno o più canali che consentano di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, effettuate in buona fede e aventi ad oggetto condotte illecite rilevanti ai sensi del Decreto 231 o violazioni dei modelli organizzativi di cui il segnalante sia venuto a conoscenza in ragione delle funzioni svolte;
- almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;
- il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati alla segnalazione (i quali devono considerarsi nulli, possono essere denunciati all’Ispettorato nazionale del lavoro e possono comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari).
2. La Direttiva (UE) n. 2019/1937
Sotto più fronti è stato rilevato che l’impianto di tutela previsto dal Decreto 231, sin qui descritto, non appare sufficiente a salvaguardare adeguatamente il segnalante, tanto più che nella prassi applicativa risulta ancora aleggiare una percezione negativa del whistleblowing.
Il legislatore italiano sarà, dunque, chiamato a intervenire nuovamente sulla materia a seguito del recepimento della Direttiva (UE) n. 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019 riguardante “la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione” (“Direttiva whistleblowing” o semplicemente “Direttiva”).
La Direttiva whistleblowing ha inteso armonizzare la disciplina delle segnalazioni e degli strumenti di protezione dei segnalanti tra gli Stati Membri dell’Unione Europea, indicando standard minimi di riferimento e lasciando loro la facoltà di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai diritti delle persone segnalanti di quelle previste dalla Direttiva stessa, al fine di assicurare il massimo livello di protezione e tutela dei soggetti interessati dalle segnalazioni.
2.1. Il recepimento della Direttiva (UE) n. 2019/1937
Il recepimento della Direttiva da parte dello Stato italiano avrebbe dovuto concludersi entro il 17 dicembre 2021.
Tuttavia, solo lo scorso 4 agosto 2022 è stata approvata la Legge di delegazione europea 2021, n. 127/2022, in vigore dal 10 settembre 2022. L’art. 13 di tale legge dispone principi e criteri per l’attuazione della Direttiva da parte del legislatore italiano, il quale deve operare gli opportuni adattamenti delle disposizioni vigenti, al fine di conformare la normativa nazionale a quella europea in maniera razionale e coerente con l’ordinamento vigente.
Il termine per l’esercizio della delega da parte del Governo e l’approvazione della normativa di recepimento della Direttiva (mediante adozione di apposito decreto legislativo) è il 10 dicembre 2022 (ovvero tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea).
I soggetti chiamati a rispettare la predetta normativa nazionale dovranno, quindi, attenderne l’entrata in vigore per potervisi adeguare in modo puntuale.
Appare, peraltro, utile illustrare brevemente i temi più rilevanti su cui si sofferma la Direttiva whistleblowing.
2.2. Gli enti su cui graveranno i nuovi obblighi
In primo luogo, la normativa europea introduce un sistema obbligatorio di gestione delle segnalazioni per:
- tutte le organizzazioni con più di 250 dipendenti;
- le organizzazioni con almeno 50 dipendenti, ma meno di 250, a prescindere dall’ambito di operatività (a partire da dicembre 2023).
È chiaro, dunque, che muterà l’ambito di operatività dei sistemi di gestione delle segnalazioni, la cui adozione nel settore privato, sino ad oggi, è prevista per i soli enti che, in via facoltativa, decidono di implementare un sistema 231.
2.3. L’ambito oggettivo di applicazione della Direttiva
In punto di individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione, la Direttiva muta radicalmente l’attuale contesto di riferimento di cui al Decreto 231, considerando esclusivamente violazioni del diritto europeo aventi una dimensione transfrontaliera e che ineriscono specifici settori (tra i quali appalti pubblici, prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, sicurezza di prodotti, alimenti e trasporti, tutela dell’ambiente e della salute pubblica, protezione dei consumatori, protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi) o che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea o che riguardano il mercato interno, la concorrenza, gli aiuti di Stato e le imposte sulle società.
2.4. L’ambito soggettivo di applicazione della Direttiva e la tutela del segnalante
Aspetto fondamentale, e per questo comune al Decreto 231 e alla Direttiva, è l’obbligo di riservatezza in capo al ricevente e di tutela dei whistleblower.
La Direttiva risulta, tuttavia, essere maggiormente incisiva laddove, in primo luogo, con riguardo al suo ambito soggettivo di applicazione, tutela il segnalante senza differenziazione tra settore pubblico e settore privato, dandone una definizione molto ampia, che include tutti i soggetti collegati in senso ampio all’organizzazione e che potrebbero temere ritorsioni (tra cui, inter alia, soggetti che prestano o hanno prestato o presteranno attività di lavoro nel contesto o per conto dell’ente, tirocinanti e volontari, azionisti, membri degli organi di vertice e soggetti che lavorano sotto la supervisione e direzione di appaltatori, sub-appaltatori e fornitori).
Sono altresì tutelati i whistleblower anonimi, la cui identità viene rivelata o scoperta successivamente (diversamente rispetto alla disciplina di cui al Decreto 231, che non parla esplicitamente di canali per effettuare segnalazioni in forma anonima, i quali, tuttavia, sono consentiti dalle Linee Guida di Confindustria purché le segnalazioni siano adeguatamente documentate o rese con puntuali dettagli, al fine di scongiurare il rischio di denunce infondate).
In secondo luogo, le misure di protezione previste dalla Direttiva si estendono, oltre che ai segnalanti, anche ai c.d. facilitatori (che assistono il segnalante nel processo) e ai terzi connessi con i segnalanti (es. colleghi e parenti).
2.5. I canali di segnalazione
In punto di individuazione dei canali di segnalazione, la Direttiva prevede che i segnalanti possano ricorrere a:
- canali interni all’organizzazione;
- canali esterni, indipendenti e autonomi, diretti alle autorità competenti identificate da ciascuno Stato Membro, nonché a quelle competenti a livello europeo;
- divulgazione pubblica, attivabile quale extrema ratio solo in vari casi (ove vi siano una mancata adeguata gestione delle segnalazioni, pericoli imminenti o palesi per il pubblico interesse, rischi di ritorsione, occultamento o distruzione delle prove, collusione dell’autorità con l’autore della violazione).
La Direttiva predilige il ricorso a canali di segnalazione interni prima di effettuare segnalazioni esterne, laddove la violazione possa essere affrontata efficacemente a livello interno.
2.6. La relazione con il segnalante
Nell’ottica di garantire la tempestività e l’effettività della tutela del segnalante, viene, inoltre, stabilito l’obbligo di dare:
- un avviso di ricevimento della segnalazione all’interessato entro 7 giorni, e
- un riscontro al segnalante entro un termine ragionevole, non superiore a 3 mesi a far data dall’avviso di ricevimento della segnalazione, oppure, se non è stato inviato alcun avviso alla persona segnalante, 3 mesi dalla scadenza del termine di 7 giorni dall’effettuazione della segnalazione.
Sono, inoltre, disposti oneri di conservazione della documentazione inerente ciascuna segnalazione ricevuta, secondo i tempi ritenuti necessari e proporzionati per conformarsi agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione Europea o nazionale.
2.7. La divulgazione dell’identità del segnalante
In deroga al generale obbligo di riservatezza, la divulgazione dell’identità del segnalante è ammessa solo qualora ciò rappresenti un obbligo necessario e proporzionato imposto dal diritto dell’Unione Europea o nazionale, nel contesto di indagini da parte delle autorità nazionali o di procedimenti giudiziari, anche al fine di salvaguardare i diritti della difesa della persona coinvolta.
Le persone segnalanti devono comunque essere informate prima della divulgazione della loro identità, a meno che ciò non pregiudichi le indagini o i procedimenti giudiziari.
2.8. Il divieto di atti ritorsivi
Una analogia rispetto alla disciplina di cui al Decreto 231 si rinviene in relazione alla previsione del divieto di qualsiasi atto ritorsivo adottato in conseguenza della segnalazione.
Il legislatore comunitario non definisce la nozione di atto ritorsivo, ma ne fornisce una lunga esemplificazione (tra cui, a titolo meramente esemplificativo, si ricordano licenziamento, sospensione, retrocessione di grado, mancata promozione, riduzione dello stipendio, note di merito, misure disciplinari, coercizione, intimidazione, molestie, ostracismo, discriminazione).
2.9. Le misure a sostegno del segnalante
Assoluta novità rispetto a quanto disposto dal Decreto 231 – che, come detto, si limita a prevedere forme di tutela del segnalante dirette essenzialmente ad evitare che questi possa subire ritorsioni in conseguenza della segnalazione – assume la previsione di misure di sostegno a favore del segnalante che abbia avuto fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione (quali assistenza efficace da parte delle autorità competenti, patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento penale e di un procedimento civile transfrontaliero, consulenze legali o altri tipi di assistenza legale, assistenza finanziaria e sostegno, anche psicologico, nell’ambito dei procedimenti giudiziari).
2.10. Le sanzioni
La Direttiva, infine, dispone che gli Stati Membri prevedano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive applicabili alle persone fisiche o giuridiche che:
(i) ostacolano o tentano di ostacolare le segnalazioni;
(ii) attuano atti di ritorsione contro i segnalanti;
(iii) intentano procedimenti vessatori contro i segnalanti;
(iv) violano l’obbligo di riservatezza sull’identità delle persone segnalanti.
2.11. Primi commenti in tema di recepimento della Direttiva
In punto di recepimento della Direttiva whistleblowing nell’ordinamento italiano è stata rilevata – da parte di associazioni di categoria e organizzazioni non governative – la necessità di bilanciare, da un lato, la protezione dei whistleblower e, dall’altro, la salvaguardia degli enti da rivelazioni di informazioni sensibili e abusi dello strumento delle segnalazioni.
Sotto il profilo dei rapporti con la disciplina dettata dal Decreto 231 è stata altresì evidenziata l’opportunità di individuare modalità di interazione e coordinamento tecnico tra il sistema di gestione delle segnalazioni di cui al Decreto 231 e il sistema di gestione delle segnalazioni di cui alla Direttiva, per evitare incertezze e complicazioni operative per gli enti (ad esempio prevedendo misure di coinvolgimento dell’Organismo di Vigilanza in ragione dell’attività di controllo da questo svolta in seno agli enti che hanno adottato un sistema di gestione 231).
Ciò che è certo è che le organizzazioni già compliant rispetto al Decreto 231 dovranno aggiornare e rafforzare le proprie procedure interne alla luce dei nuovi obblighi europei, avviare cicli di formazione del personale nonché comunicare adeguatamente all’esterno le modalità di funzionamento del proprio sistema di gestione delle segnalazioni.
3. Lo Standard internazionale ISO / PAS 37002
Al quadro sin qui delineato si aggiunga che nel corso del mese di agosto 2021 è stato pubblicato lo Standard internazionale ISO / PAS 37002 recante “Linee guida per l’attuazione, l’implementazione, la gestione, la valutazione, la manutenzione e il miglioramento di un solido ed efficace sistema di gestione del whistleblowing nell’ambito di un’organizzazione”, elaborato dall’International Organization for Standardization (ISO).
Si tratta di una norma uniforme non certificabile, che detta una serie di indicazioni e direttive comuni, di carattere non vincolate, utili per la costruzione, l’implementazione e il mantenimento di un efficace sistema di gestione del whistleblowing da parte di organizzazioni di ogni dimensione, dalle PMI alle multinazionali, sia del settore pubblico che di quello privato.
La ISO 37002, in particolare, invita le organizzazioni ad assicurare una gestione delle segnalazioni (suddivise in tre tipologie, ossia aperte, confidenziali e anonime, e aventi ad oggetto qualsiasi azione o omissione che possa causare danni all’ente) in maniera trasparente, imparziale, confidenziale, sistematica e tempestiva e promuove la creazione di un contesto protettivo e di fiducia per i segnalanti.
In ottica di tutelare l’onorabilità e la posizione economica del segnalante e/o di altre persone interessate dalla segnalazione, lo Standard invita a prevedere effettive, tempestive e pratiche misure di protezione, supporto (emotivo, reputazionale, finanziario e legale) e ristoro.
Viene, infine, sottolineata l’importanza della sensibilizzazione e formazione dei destinatari delle policy whistleblowing e della corretta comunicazione all’interno e all’esterno della organizzazione del funzionamento del sistema di gestione delle segnalazioni dalla stessa implementato.
4. L’importanza della sensibilizzazione e della formazione
Sotto duplici profili, dunque, appare chiara la volontà di sensibilizzare la collettività, in generale, e gli enti e i propri stakeholder, in particolare, verso l’importanza dell’istituto del whistleblowing e di superare le resistenze culturali che, sino ad oggi, ne hanno limitato la portata applicativa.
Si tratta di un’opera che richiede, ad ogni modo, l’introduzione di indicazioni chiare e puntuali, sia da parte del legislatore italiano, in sede di recepimento della Direttiva, che da parte delle singole organizzazioni, in sede di definizione delle proprie policy interne, al fine di evitare un uso distorto ed abusivo dello strumento del whistleblowing.