Legislazione straniera e sovranazionale

Il de profundis della lotta alla corruzione internazionale negli Stati Uniti? L’executive order n. 14209 di Donald Trump e la limitazione all’operatività del Foreign Corrupt Practices Act

10 Aprile 2025

1.Il contesto politico-criminale del provvedimento e cenni in merito al Foreign Corrupt Practices Act del 1977

Il 10 febbraio 2025, l’amministrazione Trump ha sospeso l’applicazione operativa del Foreign Corrupt Practices Act (da ora F.C.P.A.), la principale legge federale degli Stati Uniti d’America per contrastare la corruzione su scala internazionale.

Con l’emanazione dell’ordine esecutivo n. 14209 – il cui titolo è già di per sé istruttivo: “Pausing Foreign Corrupt Practices Act Enforcement To Further American Economic and National Security” – il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha richiesto all’Attorney General Pam Bondi una revisione delle politiche di attuazione del F.C.P.A., con il malcelato (se non manifesto) intento di limitarne definitivamente l’attuazione.

Il motivo di tale scelta è da rinvenire in un utilizzo – asseritamente – ‘improprio’ della legge negli anni passati da parte delle agenzie di law enforcement, le quali avrebbero intralciato le politiche aziendali statunitensi:

«[…] the Foreign Corrupt Practices Act (15 U.S.C. 78dd–1 et seq.) (F.C.P.A.) has been systematically, and to a steadily increasing degree, stretched beyond proper bounds and abused in a manner that harms the interests of the United States».

Come noto, infatti, il F.C.P.A. è stato introdotto nel 1977, durante l’amministrazione Carter, in risposta agli scandali legati alla corruzione delle aziende statunitensi per ottenere vantaggi commerciali all’estero a mezzo di tangenti riconosciute a pubblici ufficiali stranieri, tra i quali, soprattutto, lo scandalo Lockheed.

In particolare, la legge vieta a cittadini e aziende americane di offrire, pagare o promettere denaro o altri vantaggi a funzionari stranieri per ottenere o mantenere affari. Tale divieto riguarda anche dirigenti, direttori, dipendenti e agenti dell’azienda, compresi i consulenti esterni che operano per suo conto, così come gli azionisti che agiscono per la società.

Da un lato, il termine “funzionario straniero” non si riferisce solo ad un rappresentante del governo di un altro Paese, ma include anche partiti politici esteri e semplici candidati a cariche pubbliche. Dall’altro, la norma si applica anche a chiunque autorizzi o agevoli pagamenti, offerte, regali o promesse, consapevole che potrebbero essere destinati, direttamente o indirettamente, a un funzionario straniero con l’obiettivo di favorire un’azienda americana nell’avviare o mantenere affari.

Questa ‘marcia indietro’ del Presidente Trump, rispetto al ruolo del F.C.P.A. nel contrasto alla corruzione, è stata giustificata con la necessità prioritaria di proteggere l’economia e la sicurezza nazionale – profili fortemente legati tra loro nella cultura americana – segnando un punto di rottura con l’impegno assunto dagli Stati Uniti sin dagli anni ‘70 nel contrasto alla corruzione internazionale.

«[…] overexpansive and unpredictable F.C.P.A. enforcement against American citizens and businesses—by our own Government—for routine business practices in other nations not only wastes limited prosecutorial resources that could be dedicated to preserving American freedoms, but actively harms American economic competitiveness and, therefore, national security».

Tali considerazioni si riallacciano a quelle di chi, già al momento dell’entrata in vigore del F.C.P.A., vi si opponeva, sostenendo che avrebbe rappresentato un ostacolo alla competitività internazionale delle aziende statunitensi. Queste, infatti, si sarebbero trovate in una posizione di svantaggio rispetto alle imprese di altri Paesi, dove era prassi comune offrire benefici ai funzionari pubblici locali. A tale argomentazione si opponeva la visione secondo cui un sistema economico fondato sulla corruzione non solo avrebbe alterato le dinamiche di mercato, ma avrebbe anche eroso la fiducia dei consumatori, ed era perciò necessario intervenire su scala globale per creare un contesto capace di garantire un’equa concorrenza (level the playing field).

Il F.C.P.A. ha rappresentato il principale modello normativo in materia di anticorruzione, in particolare sia per la Convenzione O.C.S.E. del 1997, nonché per la Convenzione di Merida del 2003, innalzando l’attenzione globale verso le condotte di corruttela.

È peraltro interessante ricordare come l’amministrazione precedente a quella attuale, guidata dal Presidente Joe Biden, era andata in direzione opposta, innalzando ulteriormente il livello del contrasto normativo alla corruzione, con l’emanazione del Foreign Extortion Prevention Act (F.E.P.A.). Si tratta di una legge che esercita una cd. ‘azione di mirroring’ rispetto al F.C.P.A., prevedendo l’incriminazione dei funzionari stranieri che chiedono o accettano tangenti offerte da cittadini o aziende americane, una condotta che rimaneva precedentemente impunita con il F.C.P.A. (per maggiori approfondimenti sul punto, vedi qui).

È di tutta evidenza che, ad oggi, anche l’operatività di questo corpus normativo è sospesa, soprattutto con riferimento alla sua efficacia in combinato disposto con il F.C.P.A.

 

2. Il contenuto dell’executive order 14209 e la tutela della sicurezza nazionale degli Stati Uniti

Esaminando più da vicino l’executive order sottoscritto da Donald Trump, si deve osservare che tale provvedimento pone le sue radici su questioni di politica estera e commercio internazionale, con dirette conseguenze sulla governance aziendale delle società americane nelle attività oltreconfine.

È noto che già prima del suo insediamento, egli aveva anticipato la sua politica ‘aggressiva’ in materia di commercio internazionale, avanzando l’idea – tutt’ora in fase di esecuzione – di comminare pesanti dazi su diversi prodotti importati dall’estero.

L’executive order n. 14209 va esattamente in questa direzione. Il Presidente americano è, infatti, il responsabile della sicurezza nazionale statunitense: competenza fortemente legata alla capacità degli Stati Uniti e delle proprie aziende di ottenere vantaggi strategici in settori chiave della politica economica internazionale.

Come già accennato, nella Section 1Purpose and Policy” è chiaramente riportato che il provvedimento viene assunto in ragione della iperestensione e della imprevedibilità manifestatasi nell’attuazione della legge, che ha provocato un pregiudizio importante ai cittadini e alle aziende americane.

Per porre fine a questa situazione, la Section 2 dell’ordine esecutivo, relativa alla “Policy of Enforcement Discretion”, intima all’Attorney General di rielaborare, nel giro di 180 giorni, le linee guida operative del F.C.P.A., così come anche le indicazioni in materia di indagini e di attività di polizia giudiziaria («the Attorney General shall review guidelines and policies governing investigations and enforcement actions under the F.C.P.A.»)

Inoltre, nel medesimo arco di tempo l’Attorney General dovrà anche:

  • interrompere l’avvio di nuove indagini o di azioni di polizia giudiziaria relative all’F.C.P.A., salvo che egli stesso decida che vi sia la necessità di una specifica eccezione («…(i) cease initiation of any new F.C.P.A. investigations or enforcement actions, unless the Attorney General determines that an individual exception should be made»);
  • riesaminare nel dettaglio tutte le indagini e le azioni di polizia giudiziaria già in corso sull’F.C.P.A. e adottare le misure necessarie per riportarne l’applicazione entro limiti appropriati, tutelando al contempo le prerogative presidenziali in materia di politica estera («…(ii) review in detail all existing F.C.P.A. investigations or enforcement actions and take appropriate action with respect to such matters to restore proper bounds on F.C.P.A. enforcement and preserve Presidential foreign policy prerogatives»;
  • emanare, laddove ritenuto opportuno, nuove linee guida o direttive per rafforzare l’autorità del Presidente, ai sensi dell’Articolo II, nella gestione degli affari esteri, dando priorità agli interessi nazionali, alla competitività economica degli Stati Uniti rispetto ad altri Paesi e a un utilizzo efficiente delle risorse delle forze dell’ordine federali («…(iii) issue updated guidelines or policies, as appropriate, to adequately promote the President’s Article II authority to conduct foreign affairs and prioritize American interests, American economic competitiveness with respect to other nations, and the efficient use of Federal law enforcement resources»).

Viene poi specificato che l’Attorney General ha facoltà di prolungare tale periodo di ulteriori 180 giorni, ma è tenuto a motivare adeguatamente sul punto.

Per le indagini già aperte e in corso, l’ordine esecutivo prescrive che esse vengano regolate dalle nuove linee guida e, in ogni caso, autorizzate espressamente dall’Attorney General, raccomandando al Presidente – qualora fosse necessario – le misure consone da adottare.

Infine, la Section 2 (d) conferisce a quest’ultimo, dopo l’emanazione delle nuove linee guida, il potere di intervenire retroattivamente sulle indagini, in materia di corruzione internazionale, che siano ritenute «inappropriate».

È evidente che tale operazione avrà un impatto diretto sul ruolo delle indagini aziendali delle varie authorities statunitensi (quali S.E.C., Federal Reserve, Financial Crimes Enforcement Network, etc.) la cui portata è certamente ridimensionata dall’executive order.

D’altra parte, il provvedimento del 10 febbraio 2025 fa il paio con il memorandum diffuso dal D.O.J. in data 5 febbraio 2025, il quale specifica che il F.C.P.A. verrà utilizzato prevalentemente per perseguire cartelli e organizzazioni criminali internazionali:

«The Criminal Division’s Foreign Corrupt Practices Act Unit shall prioritize investigations related to foreign bribery that facilitates the criminal operations of Cartels and TCOs, and shift focus away from investigations and cases that do not involve such a connection».

Conseguentemente, l’efficacia del F.C.P.A. sarà limitata alla corruzione finalizzata, ad esempio, al traffico di esseri umani, non già al conseguimento di indebite utilità.

Inoltre, le autorizzazioni speciali, previste dal Justice Manual Sec. § 9-47.110 per avviare le indagini di cui al F.C.P.A., saranno sospese per agevolare l’operato delle autorità di law enforcement limitatamente ai casi legati al contrasto dei cartelli e della criminalità organizzata.

Ne deriva, così, un cambio di statuto del F.C.P.A.: apparato normativo non più utilizzato per combattere la criminalità economica, ma piuttosto la criminalità organizzata.

 

3.Brevi rilevazioni conclusive: la nuova politica societaria delle aziende americane oltreconfine

Sebbene al momento non sia dato sapere con precisione quale possa essere il reale impatto ‘giuridico’ di questo provvedimento – su indagini in corso e processi chiusi, così come su nuove indagini in materia di corruzione internazionale (ove ve ne saranno) – si può trarre sin d’ora qualche conclusione per quanto riguarda la politica commerciale delle aziende che lavorano oltreconfine.

Si è già ricordato che l’inizio del secondo mandato di Donald Trump è stato contraddistinto da una aggressiva politica estera in materia commerciale. Gran parte delle decisioni assunte vanno in questa direzione: rendere più ‘esclusivo’ il commercio con gli Stati Uniti e ‘liberalizzare’ l’azione delle massive corporations americane nella gestione oltreconfini dei propri affari.

Si tratta della recrudescenza di un protezionismo economico-commerciale che avevamo già conosciuto nel primo mandato del Presidente Trump, ma che oggi viene attuato con nuovo vigore.

In questa cornice si inserisce l’executive order in commento: da un lato, le aziende straniere che vogliono collaborare commercialmente con quelle americane, saranno soggette a dazi (per quanto concerne i settori merceologici da questi attinti); dall’altro, le aziende statunitensi avranno più flessibilità nella gestione delle attività oltreconfine, in un contesto in cui i vincoli derivanti dal F.C.P.A. saranno probabilmente limitati.

A tal riguardo, si deve tuttavia osservare che un eventuale cambio di orientamento nell’applicazione della legge da parte di questa amministrazione o della prossima potrebbe esporre le imprese al rischio di essere perseguite, giacché lo statutue of limitations per questo genere di violazioni è fissato in cinque anni dal momento della realizzazione delle violazioni delle disposizioni anticorruzione (Title 18 U.S.C. Sec. § 3282), mentre è di sei anni per quanto riguarda le violazioni in materia di contabilità (Title 18 U.S.C. Sec. § 3301). Essendo il mandato del Presidente Trump di soli quattro anni, è evidente come le società che approfitteranno della sospensione operativa del F.C.P.A. si potrebbero esporre ad importanti rischi giudiziari che ben potrebbero avere seguito dopo la attuale presidenza.

Rispetto all’impatto che l’executive order può avere sulle scelte di compliance dell’ente, al momento risulta difficile fare pronostici. Sicuramente, l’indicazione che arriva al mondo imprenditoriale sembrerebbe porsi come un disincentivo all’adozione di procedure e protocolli volti a prevenire il rischio di corruzione internazionale, con effetti a cascata anche negli ambiti relativi alla contabilità e alla tenuta dei registri. Al medesimo tempo, come accennato, bisogna considerare che il F.C.P.A. rimane in vigore, e che se le indicazioni contenute nell’ordine esecutivo sono rivolte al D.O.J., il ruolo delle altre agenzie amministrative coinvolte nell’applicazione della legge anticorruzione, a partire dalla S.E.C., resta intatto.

Ancora, per le imprese multinazionali permane il rischio di essere sanzionate ai sensi delle leggi che puniscono la corruzione internazionale in vigore in altri Stati, e che sono tradizionalmente connotate da una significativa applicazione extraterritoriale, come dimostrano i casi del Regno Unito e della Francia. Al di fuori degli Stati Uniti, infatti, l’impegno nel contrasto alla corruzione internazionale non si è affatto arrestato, come dimostra la recentissima istituzione (in data 20 marzo 2025) di una Task Force chiamata “International Anti-Corruption Prosecutorial Task Force” e formata, ad oggi, da Regno Unito (“Serious Fraud Office”), Francia (“France’s Parquet National Financier”) e Svizzera (“Office of the Attorney General of Switzerland”).

In particolare, la Task Force è formata da un “Leaders’ Group”, che si occupa del regolare scambio di informazioni e strategie, e da un “Working Group”, incaricato di elaborare proposte di cooperazione tra agenzie sui singoli casi. Sebbene si tratti di una cooperazione iniziata prima del 10 febbraio 2025, rappresenta una risposta chiara all’executive order del Presidente Trump, con lo scopo ultimo di coinvolgere più paesi possibili e colmare le lacune normative nel contrasto alla corruzione internazionale.

Di conseguenza, le aziende statunitensi attive all’estero dovrebbero mantenere un elevato livello di vigilanza, rafforzando in ogni caso i propri compliance programs di settore: nonostante la attuale limitata operatività del F.C.P.A., infatti, potrebbero comunque essere oggetto di indagini da parte di autorità di enforcement straniere.

Infine, non va sottaciuto il rischio che un allentamento nelle strategie di compliance anticorruzione e un eventuale sospetto di coinvolgimento in tale tipologia di reati espone le imprese americane a possibili conseguenze negative dal punto di vista reputazionale.

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Mattia Cutolo, Dottorato di ricerca in Diritto penale, LL.M., Avvocato

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