Legislazione straniera e sovranazionale

International sanctions

3 Aprile 2025

*Il testo sintetizza la lezione tenuta nell’ambito del Corso di Alta formazione executive “Corporate Compliance & Business Integrity” il 25 ottobre 2024 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

*Le opinioni espresse sono a titolo esclusivamente personale e non coinvolgono l’ente di appartenenza.

Il tema della compliance in materia di sanzioni internazionali ha assunto, negli ultimi anni, una rilevanza crescente. Questa evoluzione riflette il ruolo sempre più centrale delle sanzioni economiche e finanziarie come strumenti di politica estera, utilizzati da Stati e organizzazioni internazionali per perseguire finalità strategiche e geopolitiche. In questo contesto, è emersa l’esigenza per le imprese di adottare sistemi di controllo interni idonei a prevenire e gestire i rischi legati alla violazione dei regimi sanzionatori. Lo scopo di questo scritto è fornire un quadro generale della disciplina delle sanzioni, con particolare attenzione alle principali implicazioni applicative per le aziende che operano a livello globale.

 

1.L’esplosione delle sanzioni economiche e finanziarie internazionali nello scenario globale.

Eni è un’azienda globale dell’energia attiva nell’esplorazione, sviluppo ed estrazione di gas naturale e olio, nella generazione di energia elettrica da fonti tradizionali e rinnovabili, nella raffinazione e nella chimica. La sua presenza in oltre 60 Paesi e la diversificazione delle sue attività  comportano un’esposizione sostanziale della società al tema delle sanzioni economiche e finanziarie, in particolare a causa, da una parte, del suo essere coinvolta in transazioni e progetti a carattere internazionale (ossia transazioni e progetti che per l’oggetto, il luogo di esecuzione, la nazionalità dei soggetti giuridici o fisici coinvolti, presentano contemporaneamente dei punti di contatto rilevante con più giurisdizioni) e, dall’altra, a causa della elevata frammentazione del framework sanzionatorio a cui è esposta, operando sia in Paesi che adottano programmi sanzionatori che in Paesi o con soggetti target di programmi sanzionatori.

Le sanzioni sono uno strumento di politica estera e diplomatica (cosiddetta “coercitive diplomacy”) utilizzato per sfruttare la pressione di tipo economico e finanziario e gli interessi economici collegati agli scambi internazionali per ottenere un cambiamento nei comportamenti o limitare la possibilità di azione di determinati soggetti (individui, organizzazioni, Stati) e in questo modo perseguire obiettivi di interesse nazionale o collettivo: incoraggiare la risoluzione di conflitti, contrastare attività illecite e il finanziamento del terrorismo, tutelare i diritti umani, impedire la proliferazione nucleare, mantenere la pace e la sicurezza internazionale determinando un cambiamento nella politica o nella condotta degli Stati colpiti.

Ad esempio, l’inserimento di gruppi terroristici o singoli terroristi, quale quello di organizzazioni come Isis o Al-Quaeda o loro appartenenti nelle liste sanzioni (c.d. “blacklisting”), ha l’obiettivo di congelare i fondi e le risorse economiche appartenenti a tali soggetti (c.d “asset freeze”) e, in questo modo, rendere sostanzialmente indisponibili tali risorse e in generale più gravoso per tali soggetti l’accesso al sistema finanziario, allo scopo di rendere più complicato il finanziamento di attività di tipo terroristico.

Attraverso le sanzioni emesse contro la Russia, invece, nel condannare l’atto di aggressione dell’Ucraina si è perseguito, tra gli altri, l’obiettivo di colpire settori strategici dell’economia russa, riducendo in tal modo le capacità di spesa della Federazione Russa e il suo accesso a specifiche tecnologie e beni per il settore militare e quindi, indirettamente, cercare di determinare la fine del conflitto.

Nell’adottare e calibrare un proprio programma sanzionatorio, ciascun Paese deve tener conto anche dell’eventuale possibile effetto boomerang che potrebbe determinare sulla propria economia l’attuazione di un certo tipo di sanzioni (quali ad esempio l’introduzione di limitazioni all’importazione di prodotti provenienti dal Paese sanzionato, o il divieto per i propri operatori economici di avviare nuove iniziative o erogare nuovi finanziamenti in tale Paese).

Il proliferare del ricorso all’utilizzo delle sanzioni da parte di un numero sempre crescente di Stati, in particolare dal 2022 in poi, ha dato luogo al fenomeno che in gergo viene chiamato “trade war” o “global trade war”, per indicare un conflitto economico tra nazioni caratterizzato dall’imposizione reciproca di barriere commerciali come dazi, tariffe, restrizioni all’export o all’import, restrizioni e controlli sugli investimenti esteri e sanzioni.

 

 

2.Le diverse tipologie di sanzioni.

Le sanzioni possono essere di diversa natura: finanziarie (congelamento di fondi e risorse economiche), commerciali (divieto di esportazione o importazione di determinati beni), individuali (divieto di ingresso in un territorio), settoriali (restrizioni a interi comparti economici). In alcuni casi, si tratta di sanzioni cosiddette “mirate” (smart sanctions), adottate nei confronti di specifici soggetti designati, al fine di limitarne la capacità operativa senza compromettere l’economia del Paese nel suo complesso.

Una delle principali tipologie di sanzioni è quella del cd. blacklisting che comporta sanzioni di natura asset freeze, dette anche sanzioni di blocco (blocking sanctions), e che consiste nel prevedere il congelamento di tutti i beni delle persone fisiche o giuridiche inserite in apposite liste che si trovino nella disponibilità giuridica di soggetti (es: banche) appartenenti alle giurisdizioni che hanno comminato la sanzione.

Dal 2022, anno in cui è iniziato un progressivo inasprimento delle sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia, sono stati inserite oltre 2.800 persone e entità nelle liste sanzioni UE, i cui beni presenti nel territorio UE per un totale di oltre 28 miliardi di euro (pensiamo ad esempio a conti correnti, immobili e yacht intestati a oligarchi sanzionati) sono stati congelati e il relativo utilizzo è stato impedito[1].

La forza lesiva delle sanzioni asset freeze è significativa, sia che colpisca un singolo soggetto sia che colpisca una società, dal momento che esse si applicano non solo alla persona o all’entità nominata esplicitamente nelle liste, ma si estendono ai soggetti “posseduti o controllati” da essa. La nozione di “possesso” – che era stata diversamente declinata dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti nei rispettivi programmi sanzionatori – è stata uniformata nel 2024 e oggi indica, in entrambe le giurisdizioni, il possesso, da parte del soggetto sanzionato, del “50% o più[2] dei diritti di proprietà in altra entità, alla quale si estendono pertanto in maniera automatica le sanzioni di blocco derivanti dal “listing”.

Ai fini dell’estensione delle sanzioni di blocco dell’Unione Europea è anche rilevante il solo controllo: laddove un soggetto sanzionato avesse una partecipazione anche minoritaria delle azioni di un’altra società, ma esercitasse il controllo, la società controllata sarà da considerare automaticamente sanzionata.

Molteplici programmi sanzionatori includono anche altri divieti di natura economico-finanziaria che possono colpire determinati soggetti (per esempio imprese pubbliche o Governi di paesi sanzionati) o determinati settori economici (ad esempio, il settore dell’energia di un paese sanzionato e tutti i soggetti che vi operano). Le sanzioni di natura economico-finanziaria possono prevedere divieti o limitazioni all’accesso al credito anche nell’ambito di normali operazioni commerciali oppure a servizi bancari e assicurativi da parte dei soggetti sanzionati. Possono anche includere il divieto di investire nelle attività dei soggetti sanzionati e, se si tratta di società quotate, di detenerne le azioni o commercializzarle.

È altresì frequente l’adozione di set di sanzioni contro il settore energetico di un determinato Paese, che impediscono o limitano fortemente l’esportazione verso tale Paese di beni, tecnologie, servizi tecnici e finanziari finalizzati alla produzione o al trasporto di energia.

Quando un programma sanzionatorio verso un medesimo target si articola in una molteplicità di divieti che toccano sostanzialmente tutto il settore economico del target, si parla di embargo o di sanzioni onnicomprensive. Quando invece un programma sanzionatorio è più mirato, volto a colpire solo certe attività o settori (ad esempio, il settore oil&gas di un determinato Paese e dunque tutte le imprese che vi operano), si parla di sanzioni settoriali.

Il programma sanzionatorio emanato dall’Unione Europea nei confronti della Federazione Russa dispiega un numero consistente e estremamente variegato di sanzioni, quasi equiparabile a un embargo: accanto alla designazione (“blacklisting”) di un numero di soggetti senza precedenti, sono state adottate sanzioni finanziarie, sanzioni settoriali (sui settori ad esempio dell’energia, dei metalli, del cemento), sanzioni di export control (vietando del tutto o fortemente limitando l’esportazione in Russia o per uso in Russia di svariati beni, che spaziano da materiali e attrezzature industriali, tecnologie civili e militari, software, droni e microchip, ma anche tulipani e borsette di lusso e servizi di consulenza), divieti di importazione (divieto di importare dalla Russia olio o prodotti petroliferi, ad esempio) o di trasporto navale di olio e prodotti petroliferi di origine russa se acquistati a un prezzo superiore a quello fissato dalla coalizione del G7 (c.d. “price cap”).

 

 

3.Chi adotta le sanzioni.

Le sanzioni sono strumenti di politica estera e diplomatica che si adottano mediante atti normativi (leggi o regolamenti, come definiti dalle varie giurisdizioni) che possono essere emanati da singoli Stati o da organizzazioni internazionali o sovra-nazionali, quali ad esempio l’ONU e l’Unione Europea.

Il quadro normativo internazionale in tema di sanzioni comprende pertanto, tra gli altri, le risoluzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), i regolamenti e le decisioni dell’Unione Europea ed eventuali provvedimenti correlati adottati dagli Stati membri, gli executive orders del presidente degli Stati Uniti e gli altri provvedimenti normativi adottati dalle autorità competenti per l’amministrazione e esecuzione delle sanzioni degli Stati Uniti e gli atti normativi di ogni autorità nazionale o internazionale che abbia adottato un proprio programma sanzionatorio e che risulti applicabile ad una determinata transazione.

 

  • Le sanzioni dell’Unione Europea

 

L’Unione Europea attua tutte le sanzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Le sanzioni delle Nazioni Unite vengono automaticamente recepite nel diritto dell’UE. Occasionalmente, l’UE applica misure aggiuntive per integrare e rafforzare le sanzioni delle Nazioni Unite.

L’Unione Europea adotta inoltre sanzioni autonome: ai sensi dell’articolo 29 del Trattato sull’Unione Europea, il Consiglio prende decisioni per adottare, rinnovare o revocare regimi sanzionatori sulla base di proposte presentate dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza o dagli Stati Membri. Le decisioni relative alle sanzioni vengono adottate dal Consiglio all’unanimità, e, se la decisione include misure con implicazioni economiche e/o finanziarie, tali misure devono essere attuate attraverso un regolamento [3].

La necessità di un accoglimento unanime da parte dei Paesi membri delle proposte dell’Alto Rappresentante determina in alcune circostanze che l’adozione di tali misure restrittive sia il frutto di lunghi negoziati interni, in cui le varie rappresentanze diplomatiche degli Stati cercano di far valere le proprie preferenze e ad esito del quale a volte i divieti emanati contemplano una lunga serie di eccezioni o deroghe per poter tenere conto delle esigenze economiche e strategiche di uno specifico Stato Membro.

Uno dei principali problemi applicativi delle sanzioni europee deriva dal fatto che mentre l’adozione avviene a livello centralizzato, l’interpretazione e l’enforcement sono demandati alla competenza delle autorità nazionali.

Ciò, unito al tenore politico delle sanzioni, e quindi all’intenzionale adozione di un linguaggio a-tecnico e generico nella redazione delle norme, può determinare interpretazioni diverse da parte delle varie autorità nazionali degli Stati Membri. Tale problema può avere notevoli ripercussioni pratiche, ad esempio nelle ipotesi in cui una determinata transazione internazionale che coinvolga un Paese o una controparte sanzionata abbia punti di contatto significativi con la giurisdizione di più Stati Membri che adottino interpretazioni difformi, se non addirittura divergenti, della stessa norma.

La Commissione Europea tenta di ovviare a questi potenziali effetti dell’attuale sistema pubblicando regolarmente delle FAQ (Frequently Asked Questions) e Guidance interpretative dei principali divieti, ma esse non hanno natura vincolante.

 

Le sanzioni dell’Unione Europea si applicano[4]:

  1. a) nel territorio dell’Unione;
  2. b) a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
  3. c) a qualsiasi cittadino di uno Stato membro che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione;
  4. d) a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
  5. e) a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate interamente o parzialmente all’interno dell’Unione.

Nel contesto di una organizzazione aziendale multinazionale, ciò significa che ogni affiliata costituita secondo le leggi di uno Stato Membro e che operi all’estero, dovrà assicurare la compliance delle proprie attività, anche se compiute all’estero, con le sanzioni dell’Unione Europea. Analogamente, il cittadino di uno stato membro che, impiegato all’estero presso una società straniera, si trovi a negoziare, approvare, sottoscrivere o eseguire prestazioni contrattuali oppure adottare decisioni aziendali, dovrà assicurarsi che le stesse siano in linea con il quadro sanzionatorio UE al fine di evitare una propria responsabilità personale.

Si inizia ormai a parlare anche di un effetto extraterritoriale delle sanzioni europee, effetto di solito riconosciuto alle sanzioni emesse dagli Stati Uniti ma rispetto al quale si osserva un trend crescente anche per quel che riguarda la sfera di applicazione delle sanzioni UE, per lo meno con riferimento alle sanzioni contro la Russia[5].

 

  • Le sanzioni degli Stati Uniti

 

Volgendo lo sguardo al sistema sanzionatorio statunitense, le sanzioni adottate dagli Stati Uniti vengono tradizionalmente divise in primarie e secondarie.

Con le prime si fa riferimento ad un sistema sanzionatorio applicabile generalmente alle transazioni e/o alle entità fisiche e giuridiche che comportano un nesso con la giurisdizione degli Stati Uniti (c.d. “US nexus”) e ciò include: (i) tutte le entità giuridiche organizzate negli Stati Uniti; (ii) cittadini statunitensi e residenti permanenti (ovunque si trovino); (iii) tutte le persone che si trovano fisicamente negli Stati Uniti, indipendentemente dalla nazionalità; (iv) tutte le entità costituite negli Stati Uniti e le loro filiali estere; (iv) transazioni attraverso il sistema finanziario statunitense (comprese le transazioni in dollari USA).

Dall’altra parte, le sanzioni secondarie non richiedono un collegamento con gli Stati Uniti e sono imposte a soggetti non statunitensi direttamente o indirettamente coinvolti in determinate transazioni identificate in alcuni programmi sanzionatori USA quali quelli relativi a Iran, Russia, Corea del Nord e Siria.

Lo scopo di questo tipo di sanzioni è quello di dissuadere le persone non statunitensi (che per loro natura non avrebbero l’obbligo giuridico di adempiere alla normativa primaria USA) dall’impegnarsi in determinati rapporti, ritenuti contrari alla sicurezza nazionale e agli interessi di politica estera degli Stati Uniti, limitando il loro accesso ai mercati statunitensi in caso di non allineamento con tali obiettivi.

Nel caso dell’Iran, ad esempio, gli Stati Uniti utilizzano le sanzioni secondarie per chiedere che le istituzioni finanziarie non statunitensi cessino di effettuare transazioni con banche iraniane, pena la perdita di accesso al sistema finanziario statunitense. Analogamente, intrattenere rapporti commerciali o finanziari con soggetti sanzionati dagli USA (“Specially Designated Nationals” – SDN), può esporre una società non statunitense al rischio di misure punitive in base alle sanzioni secondarie.

Attraverso le sanzioni secondarie, il potere giurisdizionale statunitense fuoriesce dai confini nazionali e riesce a colpire direttamente gli operatori economici di Paesi terzi che nella loro attività imprenditoriale non si sono allineati con gli obiettivi delle sanzioni USA.

 

  • La crescente frammentazione del quadro sanzionatorio internazionale

 

Oltre agli attori tradizionalmente attivi nell’adozione di programmi sanzionatori (ONU, Stati Uniti e Unione Europea), a partire dall’inizio dell’invasione della Federazione Russa dei territori ucraini si è assistito all’adozione di programmi sanzionatori da parte un numero crescente di Stati, a partire dal Regno Unito (che dal 2019, dopo la Brexit, è diventato attore autonomo nell’emanazione dei propri programmi di sanzioni) e arrivando a includere il Giappone, la Svizzera, la Nuova Zelanda, l’Australia. Anche la coalizione del G7 ha concordato ed emanato un proprio autonomo set di sanzioni, mirate a colpire il trasporto internazionale via nave del greggio e dei prodotti petroliferi russi (c.d. “price cap”)

Per chi deve applicare le sanzioni nel contesto di transazioni internazionale, l’adozione di programmi sanzionatori da parte di molteplici fonti e in numero sempre crescente determina notevoli ripercussioni pratiche:

  • in primo luogo, è necessario identificare i programmi sanzionatori astrattamente applicabili ad una transazione o a un progetto internazionale, identificando la presenza di eventuali punti di contatto rilevanti (i) con un soggetto o con un Paese sanzionato e/o (ii) con la giurisdizione di uno stato che ha emesso un programma sanzionatorio verso tale soggetto/Paese;
  • ciascun sistema sanzionatorio prevede caratteristiche e tipologie diverse di sanzioni, oltre che destinatari diversi. Ad esempio, con riferimento ai programmi sanzionatori adottati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, paesi come la Tunisia e la Turchia sono sanzionati solo dall’Unione Europea, mentre la Cina ad oggi è target di sanzioni da parte dei soli Stati Uniti;
  • anche nelle ipotesi in cui gli Stati si coordinino preventivamente per emanare programmi sanzionatori omogenei – come è avvenuto nei confronti della Russia attraverso l’adozione di una politica comune da parte di Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea e, limitatamente al trasporto via nave di greggio e prodotti petroliferi russi, anche del G7 – il risultato darà vita, comunque, a modalità e tempi diversi di attuazione. Se si confrontano alcune iniziali misure restrittive adottate contro la Russia nel 2022, come quella relativa al divieto di importazione di olio e di prodotti petroliferi di origine russa, è possibile notare che mentre gli Stati Uniti hanno attuato la norma l’8 marzo 2022 estendendo il divieto non solo ai prodotti petroliferi, ma anche al gas, invece il Regno Unito ha imposto il divieto il 5 dicembre 2022 sia sull’oil che sui prodotti petroliferi che sul gas. L’Unione Europea invece ha stabilito due date diverse, la prima del 5 dicembre 2022 per l’oil, la seconda del 5 febbraio 2023 per i prodotti petroliferi, disponendo dall’emanazione della norma fino all’entrata in vigore dei divieti un regime temporaneo di limitazione di queste importazioni. Analogamente, con riferimento alle principali società energetiche russe, Gazprom e Rosneft, l’una produttrice ed esportatrice di gas e l’altra di oil, pur avendo i diversi programmi sanzionatori dei vari Paesi attuato la medesima politica comune – consistente in sanzioni di natura finanziaria, con lo scopo di limitare l’accesso ai finanziamenti e la durata del credito per transazioni commerciali – tuttavia lo hanno fatto con modalità differenti.
  • lo Stato destinatario di sanzioni può talvolta emanare a sua volta delle contro-sanzioni, ossia misure ritorsive che sono destinate a colpire gli interessi economici dei Paesi che per primi hanno adottato le sanzioni. È il caso della Russia e della Cina. Con riferimento al settore energetico, ad esempio, la Federazione russa si è mossa nel senso di complicare il procedimento di pagamento delle forniture di gas ai Paesi dell’Unione Europea, adottando un meccanismo che non prevedeva più la possibilità di pagare tali forniture in euro, ma che richiedeva l’apertura di conti speciali presso una determinata banca russa e un sistema di conversione dell’euro in rubli gestito da enti nazionali russi. Le misure adottate dalla Federazione russa a titolo di contro-sanzioni si sono spinte fino alla sostanziale nazionalizzazione delle filiali russe di alcune aziende europee, tra cui ad esempio quelle di Carlsberg e Ariston.

 

 

4.Alcuni casi pratici.

Poniamo il caso di una infrastruttura di produzione e trasporto di petrolio della quale faccia parte una rete capillare di oleodotti in parte realizzati nel territorio del Kazakistan e in parte, comprensiva del porto presso il quale il greggio arriva e viene caricato su nave per l’esportazione, in Russia. Nell’esempio, tutte le infrastrutture sono possedute da un’unica società, i cui azionisti sono entità di diritto russo, kazako, europeo – di Stati Membri diversi – e statunitense. Ipotizziamo che le infrastrutture siano state realizzate da contrattisti europei e statunitensi, con l’impiego di tecnologie specifiche e con la necessità, sotto un profilo operativo, di assicurare la manutenzione continua di tali impianti da parte dei medesimi contrattisti. Ipotizziamo inoltre che la società che possiede le infrastrutture non sia completamente autonoma rispetto agli azionisti, ma faccia affidamento agli stessi per molti servizi, tra cui servizi di assistenza tecnica e servizi di consulenza.

La circostanza che le infrastrutture insistano, anche solo in parte, sul territorio russo, e che uno dei soci sia una società russa, determina un collegamento rilevante con un Paese soggetto a sanzioni (la Russia).

La presenza di soggetti europei e statunitensi tra i soci, e il fatto che gli appaltatori che eseguono i servizi di manutenzione siano operatori costituiti a norma del diritto di uno o più Stati Membri dell’Unione Europea e/o degli Stati Uniti, crea un collegamento rilevante con giurisdizioni che hanno adottato dei programmi sanzionatori contro la Russia, e pertanto rende necessario analizzare tutte le transazioni dei soci con la società e con il socio russo, nonché tutte le operazioni che coinvolgano gli appaltatori dei servizi di manutenzione, sotto il profilo della compliance con le sanzioni applicabili emesse da tali giurisdizioni.

La coesistenza e la sovrapposizione, nello stesso progetto, di più fonti giuridiche non omogenee tra di loro e che non si applicano allo stesso modo a tutti i soggetti coinvolti determina un quadro molto complesso in cui muoversi sotto il profilo della compliance. Ad esempio:

  • se il socio russo divenisse listato sulla lista sanzioni dell’Unione Europea, i soci appartenenti alla giurisdizione di uno Stato Membro potrebbero avere serie limitazioni nel partecipare attivamente alle assemblee societarie in cui sia presente il socio russo, al punto di dover votare a sfavore di decisioni che, se adottate, porterebbero un vantaggio all’azionista russo (es. distribuzione di dividendi). Per i soci appartenenti ad altre giurisdizioni invece, la designazione sulle sole liste UE potrebbe essere (quasi) irrilevante;
  • la necessità dei soci europei di essere in compliance con le sanzioni ad essi applicabili, potrebbe comportare l’applicabilità di contro-sanzioni russe che prevedessero il diritto dei soci russi di ignorare nel calcolo dei quorum rilevanti per l’adozione di certe decisioni societarie, il voto di soggetti – soci o amministratori – appartenenti a Paesi che hanno emesso sanzioni contro la Russia, o la possibilità che la loro quota di partecipazione in società di diritto russo possa essere espropriata e data in gestione a un soggetto terzo;
  • qualora il quadro sanzionatorio USA contro la Russia vietasse l’esportazione in Russia delle tecnologie di origine USA utilizzate per la manutenzione delle infrastrutture, gli appaltatori potrebbero non essere in grado di eseguire i contratti stipulati con la società;
  • se uno dei soci europei avesse nominato nel consiglio di amministrazione della società un proprio dipendente cittadino di un paese terzo (es. Canada), occorrerà analizzare se le sanzioni del Canada contro la Russia possano pregiudicare l’esercizio delle funzioni di consigliere da parte di quel dipendente e nel caso, adottare le misure di mitigazione appropriate, tra cui per esempio la sostituzione del soggetto nominato con altro di diversa cittadinanza;
  • le sanzioni dell’Unione Europea potrebbero prevedere la necessità di acquisire preventivamente delle autorizzazioni dalle autorità nazionali competenti prima di poter eseguire servizi di assistenza tecnica o di consulenza da parte dei soci. Nell’esempio in cui nella compagine azionaria della società vi siano soci europei appartenenti a Stati Membri diversi, potrebbe succedere che a un socio l’autorizzazione venga concessa, mentre ad un altro socio essa venga negata, a causa di interpretazioni divergenti della normativa da parte delle diverse autorità nazionali coinvolte.

 

 

5.Sanctions compliance programs: un approccio risk-based.

A fronte di un tale complesso sistema di sanzioni – in cui i rischi vanno dall’enforcement a quello reputazionale fino a quello del blacklisting – è giocoforza ritenere che ogni società con un’esposizione internazionale del proprio business adotti un modello di compliance che possa prevenire e mitigare i rischi di incorrere in una violazione delle sanzioni applicabili.

Ciò è quanto avviene in Eni ove si è previsto un sistema di compliance con determinati meccanismi di controllo interno per mitigare il rischio di violazione delle sanzioni, nonché regole che stabiliscono ruoli e responsabilità dei soggetti coinvolti.

Il modello di compliance si ispira alle best practice internazionali del settore.

In particolare, l’Office of Foreign Assets Control statunitense (OFAC), che amministra e applica i programmi sanzionatori adottati dagli Stati Uniti, raccomanda fortemente[6] a tutte le organizzazioni soggette alla giurisdizione statunitense, nonché a entità estere che operano con gli Stati Uniti, con soggetti statunitensi o utilizzano beni/servizi di origine USA, di adottare un programma di conformità con le sanzioni (“Sanctions Compliance Program” – SCP) con approccio risk-based.

Un SCP efficace, pur adattandosi a fattori quali dimensioni, settore, mercati e geografie rilevanti, deve includere i seguenti cinque componenti fondamentali:

  1. Impegno del management: il senior management deve approvare il SCP, garantire risorse adeguate (personale, formazione, tecnologia) e promuovere una cultura di conformità, assicurando autonomia e autorevolezza alla funzione compliance.
  2. Valutazione del rischio (Risk Assessment): le organizzazioni devono effettuare valutazioni periodiche del rischio di violare le sanzioni attraverso le proprie attività.
  3. Controlli interni: devono essere implementate politiche e procedure scritte per identificare, monitorare, bloccare e segnalare attività potenzialmente proibite.
  4. Testing e audit: le organizzazioni devono verificare periodicamente l’efficacia del SCP mediante test e audit indipendenti, con obbligo di intervento immediato in caso di risultati negativi o criticità rilevate.
  5. Formazione: è richiesto un programma formativo adeguato, aggiornato, periodico (almeno annuale), coerente con il profilo di rischio dell’organizzazione, e mirato alle funzioni esposte. Deve includere risorse accessibili e meccanismi di responsabilizzazione.

L’esistenza di un SCP efficace può incidere in modo determinante sull’esito di un procedimento sanzionatorio avviato da OFAC, sia in fase di accertamento (per valutare la “gravità” della violazione), sia in fase di definizione di eventuali sanzioni pecuniarie civili, contribuendo ad attenuarne l’entità. In particolare, un SCP fondato sui cinque pilastri sopra elencati può essere considerato un fattore attenuante ai sensi dei General Factors contenuti nelle OFAC Enforcement Guidelines. L’adozione di un compliance program denota un livello di maturità e consapevolezza della società rispetto alla materia delle sanzioni e rappresenta un fattore che mitiga il livello di sanzioni di cui si può essere destinatari. Per converso, non avere adottato o implementato un programma di conformità alle sanzioni è considerato fattore aggravante.

L’adozione di adeguati controlli interni consente in primis l’individuazione a priori delle attività aziendali in cui si avverte il rischio di incorrere in violazioni delle sanzioni e di definirne i livelli di rischio al fine di adottare, secondo un approccio risk based, misure di intensità diversa e crescente quanto più alto il rischio identificato. Tali misure possono includere controlli rafforzati sulle controparti, specifiche previsioni contrattuali, il ring-fencing delle attività rispetto a una specifica giurisdizione, o altre cautele definite di volta in volta tenendo conto delle specificità dei casi concreti.

 

 

6.Evoluzione normativa e dinamiche geopolitiche: sfide attuali nella compliance con le sanzioni economico-finanziarie.

 

Negli ultimi anni si è assistito a un’evoluzione significativa nel ruolo e nella rilevanza della compliance in materia di sanzioni internazionali, influenzata da vari fattori convergenti.

Le autorità sanzionatorie stanno adottando un approccio sempre più dinamico, caratterizzato da un’espansione della base normativa, un ampliamento del perimetro soggettivo (es. soggetti che facilitano violazioni, anche indirettamente) e da una frequente revisione degli elenchi dei soggetti sanzionati e dei set normativi.

Tale evoluzione comporta una serie di implicazioni per le imprese internazionali, tra cui:

  • l’aumento della frequenza degli aggiornamenti normativi e della complessità del quadro regolatorio;
  • l’estensione delle sanzioni a nuove categorie di beni e servizi (inclusi quelli a duplice uso e quelli intangibili, come software e dati);
  • una maggiore attenzione a pratiche di elusione e circonvenzione, quali lo shadow trading, le front companies o le triangolazioni commerciali;
  • la crescente applicazione extraterritoriale delle norme (in particolare da parte delle autorità statunitensi);
  • il rafforzamento delle aspettative in materia di due diligence estesa su controparti e supply chain.

 

Un ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalla crescente frammentazione del quadro normativo internazionale in materia di sanzioni. Accanto alle divergenze tra i regimi statunitensi ed europei, si moltiplicano i regimi autonomi adottati da altri attori strategici, con obblighi di compliance sempre più eterogenei e, in alcuni casi, confliggenti. In Europa, si registra un aumento significativo dei casi di enforcement da parte delle autorità nazionali competenti, con investigazioni più incisive, applicazione di sanzioni pecuniarie e crescente attenzione alla responsabilità degli organi di controllo e gestione.

 

La divergenza normativa si è ulteriormente aggravata con il ritorno dell’amministrazione Trump, che ha riaffermato una linea di politica estera fortemente unilaterale. La America First Investment Policy, annunciata il 25 febbraio 2025, ha formalizzato un approccio selettivo e strategico all’applicazione delle sanzioni, subordinando l’accesso al mercato statunitense alla conformità con gli interessi geopolitici americani, e rafforzando l’uso delle sanzioni secondarie.

 

A questa escalation ha fatto eco, nel marzo 2025, il rafforzamento da parte della Repubblica Popolare Cinese del proprio regime di contro-sanzioni nei confronti di enti e individui stranieri ritenuti responsabili di misure discriminatorie contro imprese cinesi. Il provvedimento prevede l’inserimento in una lista di entità non affidabili, restrizioni agli investimenti e al commercio, e divieti di ingresso nel Paese. Questo tipo di risposta reattiva rafforza il rischio geopolitico e accentua l’asimmetria regolatoria per le imprese operanti su scala globale.

 

Di fronte a questo scenario, la compliance alle sanzioni non è più una funzione meramente reattiva, ma si configura come un presidio strategico a tutela della possibilità di operare nei mercati globali.

[1] https://commission.europa.eu/topics/eu-solidarity-ukraine/eu-sanctions-against-russia-following-invasion-ukraine/sanctions-against-individuals-companies-and-organisations_en

[2] Precedentemente, l’Unione Europea definiva il possesso rilevante ai fini dell’estensione delle sanzioni di blocco quello pari a “più del 50%”.

 

[3]  Vedi: https://www.eeas.europa.eu/eeas/sanctions-eu-adoption_en

[4] Cfr art. 13 Reg UE 833/2014

[5] Ad esempio, attraverso il c.d. 14 pacchetto di sanzioni contro la Russia (Council Regulation (EU) 2024/1745) è stato introdotto il nuovo art. 8a al Regolamento UE 833/2014 (concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina) secondo il quale “le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi si adoperano al massimo affinché qualsiasi persona giuridica, entità o da organismo stabiliti al di fuori dell’Unione di loro proprietà o posti sotto il loro controllo non prenda parte ad attività che compromettano le misure restrittive di cui al presente regolamento”. Ciò significa che le parent companies europee potrebbero essere considerate responsabili della violazione delle sanzioni della UE da parte delle loro controllate estere.

 

[6] https://ofac.treasury.gov/media/16331/download?inline

 

Maria Chiara Montegano, Head of Economic and Financial Sanctions and Export Control Compliance - Global | Compliance and Legal Leader | Expert in Sanctions, M&A, Corporate Governance and Trade Law | Strategic Advisor | Expert Team Leader

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