1.Introduzione
Lo scorso 14 gennaio 2025, la Divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia statunitense (d’ora innanzi DOJ), e il Dipartimento per l’Amministrazione della Sicurezza e della Salute sul lavoro – il Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration (OSHA) – sono giunti ad una deliberazione congiunta (il cd. Joint Statement) sui Non-disclosure agreements (NDAs): gli accordi aziendali di non divulgazione d’informazioni sensibili, la cui segretezza integra un interesse di entrambe le parti.
Secondo il Joint Statement, quando tali contratti hanno l’effetto di ostacolare le segnalazioni dei dipendenti, essi vulnerano i diritti dei whistleblowers e le leggi che ne disciplinano la protezione, tra cui, in particolare, il Criminal Antitrust Anti-Retaliation Act (CAARA) (v. infra § 2). La normativa sul tema è del resto diretta ad incentivare la partecipazione dei dipendenti nelle attività di reporting, nella specie quando si tratti di violazioni sull’antitrust, senza che su di essi incomba il timore di condotte ritorsive.
La Divisione Antitrust del DOJ fa notare che gli NDAs che violano il CAARA o che, in ogni caso, inibiscono le segnalazioni dei dipendenti rappresenteranno un costo per gli enti, ove si giunga alla formulazione dell’imputazione e al rinvio a giudizio o quando la Divisione formuli raccomandazioni sul sentencing.
Lo Statement sottolinea che occorre consapevolezza, da parte degli enti, sul potenziale negativo degli accordi di non-disclosure, in particolare quando siano diretti a diventare strumenti di opposizione e di ostacolo alle indagini.
Anzitutto, possono assumere rilevanza penale quando il loro impiego sia preordinato a tale scopo: in questo caso, infatti, possono integrare gli estremi di reati societari di rilevanza federale.
In secondo luogo, ogni ente che interferisca negativamente con la cooperazione dei propri dipendenti potrebbe mettere a serio repentaglio la propria capacità di adempimento agli obblighi derivanti dalla cd. leniency policy della Antitrust Division e perdere, così, anche i vantaggi che essa assicura.
La leniency policy, risalente agli anni Novanta, prevede infatti una serie di incentivi, chiaramente definiti, rivolti alle società disposte alla divulgazione degli illeciti aziendali – alla cd. voluntary self-disclosure – e altresì aperte alla cooperazione con le autorità: in particolare, le società collaboranti potranno sottrarsi ai provvedimenti di rinvio a giudizio in cambio della propria dimostrazione di miglior impegno (best effort), i cui attributi più significativi vengono individuati nella puntualità, nella genuinità, nella continuatività e nella completezza.
Infine, secondo il più recente aggiornamento delle linee-guida della Antitrust Division sulla valutazione dei programmi di compliance nelle indagini penali in tema di antitrust – Evaluation of Corporate Compliance Programs in Criminal Antitrust Investigations – la Divisione può prendere in esame le politiche aziendali in tema di NDAs e le attività di formazione interna contro le condotte ritorsive (cd. anti-retaliation training) per valutare l’effettività del programma di compliance.
Di seguito più in dettaglio i punti essenziali a cui le società dovrebbero prestare attenzione.
2.La disciplina del CAARA come incentivo alle segnalazioni dei dipendenti
La disciplina del CAARA – la normativa contro gli atti ritorsivi aziendali, richiamata nel Joint Statement – è entrata in vigore nel del 2020 con l’obiettivo di tutelare i dipendenti delle aziende, i terzi esterni e i subappaltatori o agenti che, essendone a conoscenza, denuncino gli illeciti dell’ente.
In particolare, la legge vieta ai datori di lavoro di attuare condotte ritorsive contro i propri dipendenti o addirittura intimarne il licenziamento per le loro segnalazioni agli organi direttivi o direttamente alle autorità federali, o per la loro cooperazione con le autorità investigative, comprese le attività di assistenza durante il procedimento.
Fornendo protezione agli attori dotati d’informazioni sugli illeciti dell’ente, la disciplina del CAARA ha l’effetto di incentivare le segnalazioni dei reati nel settore antitrust e di contribuire al programma di enforcement della Divisione Antitrust del DOJ.
3.L’effetto deteriore degli NDAs
Il rinvio a questa legge nel Joint Statement implicitamente ribadisce un’importante premessa: i singoli che intendano denunciare violazioni della disciplina in tema di antitrust devono essere tutelati da ogni forma di intervento o di iniziativa (dell’ente) che possa inibirne la libertà.
Secondo la Divisione Antitrust le indagini o la persecuzione dei reati in tale settore potrebbero essere considerevolmente ostacolati dagli accordi di non-disclosure, avendo essi di fatto un effetto dissuasivo nei confronti del lavoratore.
Ciò si riverbera in primo luogo sulle attività investigative, depauperate delle informazioni necessarie all’individuazione degli illeciti; in seconda battuta sulle dinamiche del libero mercato, e, infine, sull’efficacia stessa delle leggi a protezione dei whistleblowers di cui il CAARA è un importante esempio.
4. Le conseguenze per gli enti e l’oggetto delle valutazioni delle autorità investigative
Come già anticipato nel § 1, l’impiego di tali accordi con il fine di ostacolare un’indagine può condurre l’ente ad una serie di conseguenze negative, la peggiore delle quali è l’integrazione di un reato di rilevanza federale.
Tra le altre, tuttavia, è possibile annoverare anche la valutazione negativa dei programmi di compliance aziendali.
Tra le questioni che i prosecutors devono considerare nella valutazione di tali programmi vengono elencate: la sussistenza di una policy interna contro dinamiche di ritorsione; la sussistenza di un programma di formazione e training dei dipendenti, direttori e membri degli organi di vigilanza in materia di CAARA; verifica della compatibilità degli accordi di non-disclosure con la tutela della libertà dei dipendenti e, per converso, verifica dell’impatto negativo degli accordi sulla disciplina del CAARA e sullo status dei whistleblowers; sussistenza di politiche aziendali di informazione che chiariscano ai dipendenti le garanzie e i diritti di cui sono titolari qualora intendano fare segnalazioni di illeciti in materia antitrust alle autorità investigative federali.
Gli enti che non adottano programmi efficienti su questi punti rischiano di perdere tutti i benefici connessi al mantenimento di un programma di compliance effettivo nel caso in cui la Divisione Antitrust formuli il rinvio a giudizio.
5.L’aggiornamento delle guidelines per la Evaluation of Corporate Compliance Programs in Criminal Antitrust Investigations (ECCP)
Tra le fonti a sussidio degli argomenti del Joint Statement viene richiamato il testo contenente l’aggiornamento delle linee-guida relative all’Evaluation of Corporate Compliance Programs in Criminal Antitrust Investigations (ECCP) dello scorso novembre. Per mezzo di esso la Divisione Antitrust sottolinea l’importanza per l’ente di incorporare meccanismi di reporting riservato (cd. confidential reporting) nei programmi di compliance.
Ai fini di una valutazione positiva di effettività, il programma deve prevedere e tutelare l’anonimato e la riservatezza dei whistleblowers.
Gli aggiornamenti, che estendono la loro applicazione all’ambito civilistico, si collocano all’interno di un sistema di indicazioni per migliorare i programmi di compliance aziendale partendo dai livelli medi e dai dipendenti e sfruttando le capacità del personale aziendale nel dispiegamento delle risorse AI e di altre tecnologie per una migliore valutazione dei rischi.
Tra le tematiche che i Prosecutors dovrebbero considerare per valutare l’effettività del programma in tema di antitrust, le line-guida annoverano: (1) la struttura e il grado di comprensività del programma; (2) la cultura di compliance interna all’azienda; (3) la responsabilità per, e le risorse dedicate a, la compliance in tema di antitrust; (4) valutazione dei rischi in tale settore; (5) formazione interna e informazione ai dipendenti sulla compliance aziendale; (6) tecniche di controllo e auditing che includono la revisione continuativa del programma di compliance in tema di antitrust; (7) sistema di reporting; (8) incentivi alla compliance e disciplina; (9) strategie rimediali.
Il punto (7), in particolare, dedicato ai sistemi di segnalazione interna, intitolato “Confidential reporting structure and Investigation Process”, elenca i punti-chiave che dovrebbero essere considerati. Proprio tra questi trova spazio il riferimento agli accordi di non-disclosure. Si veda in breve cosa prevedono le linee-guida al punto sopra menzionato:
- “Confidential reporting structure and Investigation Process”
Secondo i recenti aggiornamenti delle linee-guida sulla valutazione dei programmi di compliance in tema di indagini penali sull’antitrust il sistema di reporting di un programma (che voglia definirsi) effettivo deve basarsi principalmente sulla tutela dell’anonimato e della salvaguardia dei dipendenti.
Per verificare che l’ente abbia provveduto con adeguate misure a tale scopo, le autorità investigative dovrebbero tener conto di alcuni interrogativi sui temi così elencati: a) sussistenza di un sistema trasparente, in base al quale i dipendenti possono segnalare gli illeciti o ricevere indicazioni su come tale segnalazione debba esser fatta; nonché previsione di incentivi per la segnalazione delle violazioni in materia di antitrust; b) previsione di un dovere di segnalazione che grava sui dipendenti o sui supervisori informati; e previsione di misure disciplinari per i casi di mancata segnalazione; c) sussistenza di un sistema di “selezione” per determinare quali indicatori di rischio o quali segnalazioni meritino maggiore attenzione nelle indagini; previsione di meccanismi che ne assicurino indipendenza, oggettività, genuinità e adeguata documentazione, con indicazione altresì dei soggetti incaricati di condurle; infine, previsione di analisi periodiche sulle segnalazioni o sui risultati delle indagini interne relative a schemi tipici di illecito in materia antitrust o a tipiche “red flags” di tali violazioni; d) previsione di un meccanismo di tutela contro le ritorsioni datoriali; ancora, previsione di strategie di valutazione della volontà del soggetto segnalante e così anche di formazione dei membri del corpo aziendale, in particolare degli organi direttivi e di vigilanza, a giovamento della trasparenza dei meccanismi di comunicazione interni all’azienda, e in conformità con il sistema di tutela previsto dal CAARA; e) verifica della compatibilità e della coerenza degli accordi NDAs con il sistema di tutele a beneficio dei dipendenti e verifica sull’impatto del loro impiego (in particolare, come anticipato, la verifica deve vertere sulla potenziale strumentalizzazione di tali accordi per inibire i whistleblowers); verifica sulla genuinità degli accordi, la cui premessa implicita comunque si radica nella libertà dei dipendenti di segnalare le violazioni in tema di antitrust agli organi competenti interni e alle autorità di governo.
I punti ora elencati, i cui contenuti erano stati già evidentemente pubblicati nel novembre del 2024, sono stati nuovamente ripresi dallo Statement in commento, a conferma della già in più occasioni ribadita rilevanza dei sistemi di reporting e della trasparenza di tali meccanismi all’interno dei diversi gradi dell’organigramma aziendale.
6.Conclusioni
Il Joint Statement ritorna, in effetti, su quanto già era stato affermato in molteplici documenti e dichiarazioni: si sottolinea, cioè, l’importanza di proteggere i whistleblowers da ogni condotta che possa danneggiarne la libertà, secondo un approccio di incentivo premiale in linea con i più recenti interventi in materia (si ricordi, ad esempio, il Corporate Whistleblower Awards Pilot Program, per la trattazione del quale si rinvia al link), nonché seguendo il solco già avviato da altri interventi di rilievo sui sistemi di reporting e indagini interne (si pensi alla Corporate Enforcement and Voluntary Self-Disclosure Policy, per la quale si rinvia al link).
Tali sistemi sono parte integrante di ogni programma di compliance – quello analizzato in questo post, è, poi, più specificatamente riguardante il settore dell’Antitrust – e dovrebbero essere sorretti da un meccanismo di tutele contro ogni forma di ritorsione interna.
L’interesse per gli accordi di non-disclosure, ribadita nella dichiarazione congiunta, si spiega per la loro intrinseca ambivalenza: nel tutelare la riservatezza di alcune informazioni, essi possono di fatto violare le menzionate tutele, la cui centralità è però salvaguardata dalla legge e da normative di settore, come il CAARA.
Di nuovo, la politica aziendale dovrebbe spingersi verso una cultura della responsabilità, cominciando dai dipendenti della struttura societaria, la cui tutela e la cui formazione devono pertanto essere garantite con misure adeguate ad ogni livello dell’organigramma interno.
Gli enti non compliant rischiano altrimenti di trovarsi nella posizione di essere valutati negativamente dalle autorità federali, se non addirittura di diventare diretti destinatari di un’imputazione penale.