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La semplificazione delle regole per la competitività delle imprese
La decisione della Commissione europea di intervenire sulle regole in materia ESG è arrivata dopo il rapporto dell’ex presidente della BCE Mario Draghi, siglato nel settembre del 2024, dal titolo “The future of European competitiveness”.
Il documento (pubblicato in una versione più sintetica e in un’altra più analitica) ha l’obiettivo di proporre delle soluzioni rispetto al rallentamento della crescita economica europea. Dall’analisi emerge che normative incoerenti e restrittive («multiple pieces of legislation have overlapped during the past decade», «legislation has not always been fully coherent») bloccano il business delle imprese europee.
Tale incoerenza riguarda anche uno dei temi più caldi di questo nuovo secolo, ovvero la sostenibilità. Di qui l’idea della Commissione europea di innovare il panorama normativo vigente, con l’obiettivo di addivenire – attraverso l’adozione di un pacchetto omnibus – ad una razionalizzazione della disciplina ESG.
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Il contenuto del nuovo pacchetto Omnibus
Il pacchetto omnibus dovrebbe sistematizzare diverse normative esistenti con l’obiettivo di armonizzare la legislazione europea in ambito ESG. L’idea è quella di un approccio integrato verso la sostenibilità con una normativa unica che contempli e sistematizzi le diverse regole in materia, o almeno le principali.
In particolare, la Commissione intende far confluire nell’omnibus il Regolamento sulla tassonomia (Reg. 2020/852/UE), la Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità “CSRD” (Dir. 2022/2464/UE) e la Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità “CS3D” (Dir. 2024/1760/UE).
Il Regolamento sulla tassonomia (Reg. 2020/852/UE), relativo all’istituzione di un quadro che favorisce investimenti green, è uno degli strumenti chiave introdotti nell’ordinamento europeo per promuovere la finanza sostenibile.
La normativa propone criteri comuni che consentono alle imprese, agli investitori e agli altri operatori economici di comprendere meglio quali attività siano da considerarsi sostenibili e di prendere decisioni, per esempio di investimento, più consapevoli da questo punto di vista.
Come anticipato, un altro pilastro del pacchetto ombnibus sarà la Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità “CSRD” (Dir. 2022/2464/UE).
La Direttiva ha ampliato i contorni della precedente Non-Financial Reporting Directive (NFRD) con l’obiettivo di migliorare la trasparenza e la qualità delle informazioni che le imprese devono fornire riguardo alle loro attività. La normativa in questione ha ampliato anche il numero di aziende soggette agli obblighi di reportistica.
La CSRD è stata recentemente recepita nell’ordinamento italiano con il d.lgs. 6 settembre 2024, n. 125 (al tema abbiamo dedicato un approfondimento qui). Un aspetto importante della disciplina in questione riguarda la standardizzazione delle informazioni ESG. Le imprese nella reportistica, che riguarda anche la catena del valore, devono seguire standard definiti, che consentiranno un confronto tra le realtà aziendali e daranno ai consumatori, investitori e stakeholder un quadro più chiaro dell’impegno di un’impresa verso la sostenibilità. Le informazioni sulle pratiche ESG dovranno essere verificate da un revisore indipendente (il cd. revisore della sostenibilità), il che dovrebbe garantire una maggiore affidabilità alle dichiarazioni aziendali.
Infine, nel pacchetto omnibus è destinata a confluire anche la Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità “CS3D” (Dir. 2024/1760/UE).
La CS3D rappresenta un altro strumento chiave nel contesto della responsabilità sociale d’impresa. Essa richiede alle aziende, inter alia, di identificare e gestire i rischi legati ai diritti umani e alle pratiche di lavoro all’interno delle loro catene di approvvigionamento. La Direttiva si inserisce in un quadro normativo che mira a tutelare i diritti dei lavoratori, contrastare il lavoro minorile e la discriminazione, nonché a promuovere il rispetto dei diritti umani attraverso le operazioni aziendali. In caso di violazioni, l’azienda è tenuta a intraprendere azioni correttive e a garantire trasparenza rispetto alle pratiche adottate (al tema abbiamo dedicato un approfondimento qui).
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Le preoccupazioni delle società di investimento e delle grandi imprese europee
La notizia di un mutamento della disciplina UE in materia ESG – che, per il vero, è di recente introduzione (nel luglio del 2024 è scaduto il termine per il recepimento della CSRD e sempre nello stesso mese è stata adottata la CS3D) ha già diviso gli stakeholder.
Se, da un lato, vi è la speranza che con il nuovo pacchetto si risolvano le criticità avvertite dalle imprese nell’adeguarsi agli obblighi di compliance ESG, dall’altro c’è anche molta preoccupazione, sia perché le nuove misure potrebbero rappresentare una “retromarcia” dell’impegno assunto dall’UE in materia ESG (nell’ambito del cd. Green Deal) sia perché, all’opposto, l’omnibus potrebbe segnare un ulteriore ampliamento degli obblighi delle corporation in materia di sostenibilità.
Il 4 febbraio del 2025 un gruppo di società di investimento (Institutional Investors Group on Climate Change “IIGCC”, Forum europeo per gli investimenti sostenibili “EUROSIF”, “Principles for Responsible Investment” “PRI”) ha inviato una lettera alla Commissione Europea chiedendo di mantenere invariata, almeno nelle sue componenti essenziali, la normativa in materia di finanza sostenibile. I firmatari della richiesta sottolineano come le norme ESG abbiano già prodotto effetti positivi portando le imprese ad aumentare il budget dedicato al tema della sostenibilità. In sintesi, emerge il timore che il nuovo pacchetto ombnibus introduca una deregolamentazione e metta in discussione l’equilibrio raggiunto dalle istituzioni nazionali ed europee e quello che stanno cercando di garantire le imprese con significativi sforzi economici.
Posizione analoga avevano assunto con due precedenti missive (del 6 gennaio e del 17 gennaio) alcune grandi imprese che operano nel territorio europeo. Esse esprimevano preoccupazione per il fatto che l’apertura di un nuovo procedimento legislativo in materia ESG potrebbe rappresentare un momento di rinegoziazione della disciplina («we are concerned about the potential for others to use this process to call for the legislation to be reopened for political renegotiation»), in una fase in cui, però, gli enti hanno già investito risorse significative per lo studio e l’analisi delle tecniche con le quali adeguarsi ai nuovi requisiti.
Le imprese, comunque, esprimevano un generale gradimento per lo sforzo della Commissione UE verso la semplificazione e hanno chiesto, in particolare, lo sviluppo di una guida chiara e pratica che le supporti nel processo di adattamento alla CS3D.
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Le indicazioni di Assonime
L’associazione per le società per azioni italiane (Assonime), con il position paper n. 1 del 2025, ha fornito delle osservazioni e delle proposte relative all’omnibus in materia di sostenibilità.
Assonime, considerata l’estrema complessità di attuazione delle norme sulla sostenibilità – testimoniata dal fatto che è stata avviata una procedura d’infrazione per ben 17 Stati membri (tra i quali figurano anche Germania, Olanda, Spagna, Polonia, Portogallo e Austria) per il mancato recepimento tempestivo della CSRD – nel documento in questione premette di condividere l’idea relativa alla introduzione del nuovo pacchetto ombnibus. Secondo l’associazione è apprezzabile «la scelta della Commissione di operare una semplificazione e un coordinamento delle regole europee sulla sostenibilità, proprio per favorire la realizzazione degli obiettivi e la transizione per tutte le imprese».
Fatte queste premesse nel position paper sono sintetizzate le principali criticità rilevate nella prassi rispetto all’attuale panorama normativo, ovvero i) l’eccessiva complessità delle regole, con costi elevati per le imprese; ii) la mancanza di un coordinamento tra le discipline europee sulla sostenibilità; iii) il disallineamento rispetto agli standard internazionali, con rischi per la competitività delle imprese.
Ciò posto, Assonime suggerisce alcune «linee di azione, da attuare in due fasi, per l’adozione di misure di semplificazione significativa della disciplina sulla sostenibilità».
4.1. Le azioni immediate, da adottare entro il primo semestre 2025
Con riferimento alla CSRD, si auspica, la posticipazione dell’applicazione della disciplina al 2027 per le grandi imprese non ancora soggette alla stessa, l’introduzione di un regime transitorio per le imprese già soggette (con un primo anno di sperimentazione e senza nessuna sanzione immediata), la ridefinizione degli standard ESRS con riduzione degli obblighi informativi.
Quest’ultimo punto riveste per un interesse pratico. La complessità della disciplina relativa alla rendicontazione di sostenibilità «si manifesta soprattutto nel sistema degli standard di rendicontazione adottati dalla Commissione Europea, sulla base del technical advise dell’EFRAG (c.d. standard ESRS)» Tuttavia, gli standard «appaiono assolutamente non proporzionati nel loro impatto complessivo anche per le aziende italiane più strutturate» Infatti, «gli standard ESRS rilasciati finora prevedono, nell’attuale versione ancora incompleta per la mancanza degli standard settoriali, più di 1000 data point da rendicontare. Contribuiscono ad alimentare questa complessità anche i continui interventi da parte della Commissione Europea ed EFRAG (nella forma di Q&A e di linee guida) che, nell’intento di chiarire i punti problematici della disciplina, assumono a volte anche un ruolo integrativo, inserendo nuovi obblighi informativi o procedurali».
Rispetto al Regolamento Tassonomia, Assonime suggerisce, nell’immediato, di eliminare l’obbligo di indicare la quota di spese operative (OPEX) per attività ecosostenibili e di sospensione per tre anni l’attestazione esterna sulle informazioni richieste dal Regolamento Tassonomia.
Infine, con riguardo alla CS3D si propone di rinviare il termine ultimo per il recepimento della Direttiva, oltre allo slittamento del momento a partire dal quale la normativa dovrà essere rispettata dalle imprese soggette alla stessa (secondo anno successivo all’adozione della nuova versione della Direttiva).
4.2. Le azioni strutturali, da adottare entro il primo semestre 2025
Come anticipato, Assonime suggerisce anche molteplici azioni strutturali da realizzare entro la fine dell’anno. Saranno di seguito sintetizzate i principali consigli, si consenta il rinvio al position paper per gli ulteriori dettagli.
Rispetto alla CSRD, si suggerisce, in primo luogo, l’esclusione delle PMI quotate dagli obblighi di rendicontazione in quanto «la disciplina sull’informativa di sostenibilità dovrebbe fondarsi sul criterio dimensionale che qualifica rischi e impatti».
Si dovrebbe poi prevede l’esonero dagli obblighi di rendicontazione di sostenibilità per le Holding che non esercitano attività di direzione e coordinamento. Infatti, «mentre la direttiva CSDDD concede l’esonero dagli obblighi di due diligence per le holding che non sono coinvolte nelle decisioni gestionali del gruppo, la CSRD obbliga la pubblicazione della Rendicontazione di sostenibilità senza preoccuparsi della reale consistenza organizzativa e industriale della capogruppo».
Inoltre, sarebbe indispensabile, sempre stando al position paper, l’eliminazione dell’obbligo per l’impresa di fornire informazioni rilevanti, quando esse sono soggette a limiti legali nella diffusione, quando non sono disponibili o sono incomplete.
Infine, sarebbe importante che l’obbligo di fornire informazioni di natura quantitativa relative alla catena del valore, sia definito come dovere con carattere del tutto eccezionale che scatterebbe solo quando l’informazione è «assolutamente» necessaria «al fine della comprensione degli impatti» negativi del business. Tale obbligo, peraltro, «dovrebbe riguardare solo le società con cui l’impresa ha un rapporto contrattuale diretto o ha un potere sostanziale di richiedere informazioni».
Molteplici sono anche le indicazioni relative alle tecniche per migliorare la CS3D.
Partendo dalla constatazione per cui nella CSRD si usa la nozione di “catena del valore” e nella CS3D quella di “catena di attività”, nel pacchetto omnibus di prossima emanazione, il legislatore europeo dovrebbe utilizzare una nozione unica che comprenda «le sole attività dei partner di portata significativa e di natura consolidata». Il dovere di diligenza, inoltre, «dovrebbe riguardare principalmente i partner con cui l’impresa ha un rapporto contrattuale diretto». Dunque, la due diligence delle imprese rispetto alla catena di fornitura indiretta «dovrebbe essere considerata un fenomeno eccezionale da attivare quando vi siano concreti indici di violazione degli interessi socio/ambientali».
L’ulteriore suggerimento di Assonime parte dalla considerazione per cui, attualmente, la CS3D prevede l’obbligo per l’impresa di sospendere o a cessare il rapporto d’affari con la controparte quando gli effetti negativi non possano essere prevenuti o attenuati sufficientemente (art. 10, par. 6) oppure arrestati o minimizzati (art. 11, par. 7). In prospettiva futura, l’obbligo di sospensione o interruzione «del rapporto riferita a partner commerciali che sono indispensabili o non sostituibili in termini economicamente sostenibili e sui quali l’impresa non ha un’influenza significativa» dovrebbe essere attenuato con forme di safe harbour.
Infine, circa il Regolamento Tassonomia, si suggerisce, inter alia, la riformulazione dei criteri per la definizione delle attività ecosostenibili. «Nell’individuazione delle attività economiche ammissibili», infatti, «sono stati esclusi quei settori economici ritenuti più inquinanti – come quelli direttamente connessi ai combustibili fossili, soggetti all’ETS le cui emissioni superano i benchmark di prodotto, e quelli da cui deriva un’elevata dose di rifiuti speciali pericolosi – ma che sono anche quelli più impegnati nella transizione energetica ed ecologica».
Sarebbe inoltre utile, stando al position paper in analisi, l’introduzione di soglie di materialità. «Il Regolamento Tassonomia richiede alle imprese di fornire informazioni su alcuni indicatori fondamentali di prestazione in relazione alle loro attività economiche, che devono essere classificate come ammissibili e/o allineate, sulla base di tabelle», tali informazioni, a differenza di quanto avviene nell’ambito della CSRD, nell’attuale panorama «devono essere fornite a prescindere dalla effettiva rilevanza e strategicità dell’attività economica considerata per l’impresa».
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In attesa di sviluppi, qualche considerazione finale
Il Decreto Omnibus in materia di ESG rappresenta un passo importante per la sostenibilità del sistema economico europeo, ma porta con sé anche una serie di sfide per le imprese.
Sebbene l’intento del legislatore europeo sia del tutto condivisibile, la rapida evoluzione dello scenario normativo di riferimento rappresenta una significativa sfida per le imprese che si trovano, di continuo, ad affrontare problemi di adattamento e adeguamento rispetto a regole nuove e, comunque, di difficile applicazione.
Si consideri, inoltre, che, per quanto l’omnibus miri a creare una base di riferimento per la compliance ESG, esso non raccoglierà tutte le frastagliate disposizioni in materia di sostenibilità. Restano infatti escluse dall’ambito di intervento altri atti normativi, che pure hanno un ruolo cruciale per la promozione di comportamenti sostenibili da parte delle corporations, quali il cd. Forced Labour Ban (adottato sul finire del 2024 e per il quale si è in attesa della pubblicazione in GU), il Regolamento relativo ai requisiti di progettazione ecocompatibile per prodotti sostenibili “ESPR” (Reg. 2024/1781/UE), il Regolamento sulla deforestazione “EUDR” (Reg. 2023/1115/UE, la cui applicazione è stata recentemente prorogata al 30 dicembre 2025) e il Regolamento sull’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari “SFDR” (Reg. UE 2019/2088, per il quale in questo momento è in Corso un processo di modifica).
In ogni caso, per poter esprimere più approfondite considerazioni sul pacchetto omnibus ESG, per capire se i timori delle imprese sopra illustrati sono fondati e per comprendere se i suggerimenti di Assonime sono stati valorizzati dal legislatore, è necessario attendere la proposta di regolamentazione che (a breve) dovrebbe essere pubblicata dalla Commissione europea.