La rendicontazione di sostenibilità ex d.lgs. 125/2024. I primi dubbi in materia di false comunicazioni sociali
di Megi Trashaj, Dottoranda in Diritto penale; Avvocato
Con la pubblicazione in GU (il 10 settembre 2024) del d.lgs. n. 125 del 6 settembre 2024 (da ora “Decreto”), è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva 2022/2464/UE (c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive, CSRD). La Direttiva si inquadra nell’ambito del Green Deal Europeo e ha lo scopo di promuovere la trasparenza e la divulgazione di informazioni relative all’impatto dell’attività imprenditoriale su temi ambientali, sociali e di governance (ESG).
Nel complesso la disciplina pone un importante tassello per il passaggio da un’idea “volontaristica” della sostenibilità a una fase in cui gli interessi degli stakeholders vengono protetti in modo più rigoroso con l’apposizione – attraverso hard law – di doveri ben precisi nell’ambito della corporate governance.
Più nel dettaglio, l’articolato normativo disciplina la cd. rendicontazione di sostenibilità (da ora “RS”, art. 1, lett. g del Decreto) prevedendo contenuti più ampi e specifici rispetto a quelli precedentemente vigenti in materia, per esempio sono dettate apposite regole sulle informazioni relative alla catena di valore. La RS prende il posto della comparabile “rendicontazione non finanziaria”, che, come noto, era disciplinata dal d.lgs. 254/2016, che risulta abrogato dal nuovo testo normativo (art. 17 del Decreto).
1. Ambito di applicazione
Dal punto di vista empirico è stato stimato che, a livello europeo, sono circa 50 mila le imprese toccate dalla nuova disciplina, di queste circa 6 mila sono localizzate in Italia, ma se si considerano anche le imprese della catena del valore, il numero sale a 10 mila (cfr. Memoria UIL in merito all’audizione informale nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante recepimento della Direttiva).
Sotto il profilo tecnico, il Decreto trova applicazione nei confronti delle imprese di grandi dimensioni e delle PMI quotate (costituite nella forma di S.p.a., S.a.p.a., S.r.l. nonché delle S.n.c. e S.a.s., qualora abbiano come soci le S.p.a., S.a.p.a., S.r.l.)
Per imprese di grandi dimensioni (cfr. art. 1, co. 1, lett. l, del Decreto) si intendono le società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
- totale dello stato patrimoniale di 25.000.000 euro;
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 50.000.000 euro;
- numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio pari a 250.
Le piccole e medie imprese quotate (cfr. art. 1, co. 1, lett. m, del Decreto) sono le società con valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea che alla data di chiusura del bilancio, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, rientrino in almeno due degli intervalli di seguito indicati:
- totale dello stato patrimoniale superiore a 450.000 euro e inferiore a 25.000.000 euro;
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 900.000 euro e inferiori a 50.000.000 euro;
- numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio non inferiore a 11 e non superiore a 250.
Specifiche disposizioni sono dettate per la BDI, alcuni prodotti finanziari, le micro-imprese, Cassa depositi e prestiti S.p.a., le imprese di assicurazione e gli enti creditizi (art. 2, commi 2, 3, 4, 5 e 6, del Decreto).
2. Rendicontazione di sostenibilità
La rendicontazione di sostenibilità dovrà essere inclusa in un’apposita sezione della relazione sulla gestione. Essa raccoglierà sia informazioni relative all’impatto dell’attività di impresa sulle questioni ESG, sia indicazioni sul come le questioni di sostenibilità influiscono sull’attività di impresa (cioè su «andamento», «risultati», «situazione», art. 3, comma 1, del Decreto).
Il disposto normativo dettaglia gli elementi della RS offrendo un lungo elenco di quanto dovrà essere scritto nel documento per fornire le informazioni in materia di sostenibilità (art. 3, co. 2, del Decreto). Semplificando e sintetizzando, la relazione dovrà comprendere una descrizione:
- del modello e della strategia aziendale (resilienza, opportunità, progetti per l’economia sostenibile e la limitazione del riscaldamento globale, istanze dei portatori di interessi, modalità di attuazione dei progetti);
- dei progressi sulle tematiche ambientali (con eventuale indicazione delle prove scientifiche a supporto delle informazioni fornite);
- del ruolo che assumono gli organi di amministrazione e controllo e delle politiche dell’impresa;
- delle procedure di due diligence applicate in materia;
- degli impatti negativi dell’attività sulla catena di valore e dei piani per la prevenzione o l’attenuazione degli stessi;
- dei principali rischi dell’impresa e della modalità di gestione degli stessi;
- degli altri indicatori pertinenti gli elementi di cui sopra.
È interessante notare che le società, secondo la novella, sono tenute a fornire non solo «le informazioni sulle attività dell’impresa» ma anche quelle «sulla catena del valore, comprese le informazioni concernenti i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura» (art. 3, co. 4, del Decreto). Tale previsione ha trovato consenso a livello sindacale. La CISL, durante un’audizione condotta nell’ambito dei lavori volti alla predisposizione del testo normativo, richiamando recenti fatti di cronaca sui quali ci si è precedentemente soffermati, notava che «è proprio negli anelli più opachi della catena del valore che abbondano le violazioni dei diritti umani e del lavoro».
Vista la portata innovativa della disposizione è stato previsto, per i primi tre esercizi finanziari oggetto di rendicontazione, il meccanismo del comply or explain: «qualora non siano disponibili tutte le informazioni» sulla supply chain, la società obbligata dovrà illustrare «gli sforzi compiuti per ottenere tali informazioni sulla catena del valore, i motivi per cui non è stato possibile ottenere tutte le informazioni necessarie e il suo piano per ottenerle in futuro» (art. 3, co. 4, del Decreto).
Fermi gli obblighi in materia di ammissione di valori mobiliari alla negoziazione nei mercati regolamentari (ovvero nei sistemi multilaterali di negoziazione), l’organo di amministrazione (sentito l’organo di controllo) potrà deliberare l’omissione – in casi eccezionali – delle informazioni «concernenti sviluppi imminenti e operazioni in corso di negoziazione» ma solo «qualora la loro divulgazione possa compromettere gravemente la posizione commerciale dell’impresa» (art. 3, co. 5, del Decreto). Dell’omissione dovrà comunque essere tenuta traccia nella RS.
2.1. Semplificazioni per le PMI, gli enti piccoli e non complessi, le imprese di assicurazione e riassicurazione captive
Il Decreto prevede che le PMI quotate, gli enti piccoli e non complessi (cfr. art. 4, par. 1, n. 145 del Regolamento 575/2013/UE), le imprese di assicurazione e riassicurazione captive (art. 13, nn. 2 e 5, Direttiva 2009/138/CE) possano avvalersi di un regime semplificato con riferimento ai contenuti della RS (art. 3, co. 8, del Decreto). Peraltro, le PMI potranno anche omettere, indicando le motivazioni di tale scelta, di fornire le informazioni di sostenibilità per gli esercizi commerciali aventi inizio prima del 1° gennaio 2028 (art. 3, co. 10, del Decreto).
2.2. La rendicontazione consolidata
Il Decreto disciplina anche la RS consolidata prevedendo che le società madri di un gruppo di grandi dimensioni (cfr. art. 1, co. 1, lett. o, del Decreto) dovranno includere in apposita sezione della relazione sulla gestione le informazioni riassunte al paragrafo precedente. La capogruppo però dovrà rendicontare le tematiche tenendo in considerazione la situazione e l’andamento di tutto il gruppo (art. 4, commi 1,2,3,4 del Decreto).
Qualora la società madre identifichi differenze significative «tra i rischi o gli impatti di una o più delle sue società figlie» dovrà procedere a fornire un’adeguata spiegazione di quanto rilevato (art. 4, co. 1, del Decreto).
2.3. La rendicontazione delle imprese di paesi terzi
Il Decreto trova applicazione anche con riferimento alle imprese straniere che hanno generato, negli ultimi due esercizi consecutivi (e per ciascuno degli stessi), a livello individuale o di gruppo (qualora la società madre sia extra-europea), nel territorio dell’Unione, ricavi netti superiori a 150 milioni di euro (art. 5, co. 1, del Decreto).
Nel caso si tratti di un gruppo con società madre extra-UE, la società figlia (che rientri nei requisiti dimensionali del Decreto) dovrà «rendere accessibile la relazione sulla gestione della società madre extra-europea» (art. 4, co. 2, del Decreto). Sarà quindi la capogruppo, seppur straniera, a dover redigere la relazione di sostenibilità (sul cd. Bruxelles effect ci si è precedentemente soffermati). In caso di inadempimento dell’obbligo, la società figlia o la succursale operante in UE, dopo aver inutilmente esperito un tentativo di sollecito nei confronti della capo gruppo, pubblicherà tutte le informazioni in suo possesso e rilascerà una «dichiarazione attestante che la società madre extra-europea non ha messo a disposizione le informazioni necessarie» per gli adempimenti in materia di rendicontazione di sostenibilità (art. 5, co. 6, del Decreto).
3. L’attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità
La novella disciplina poi l’attività di una nuova figura, il cd. revisore della sostenibilità. In particolare, per effetto di diverse modifiche introdotte al d.lgs. 39/2010 (in materia “di revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati”) si prevede un apposito percorso abilitativo per coloro che, ricevuto specifico incarico, dovranno esprimere le proprie conclusioni «circa la conformità» della RS rispetto alle norme del Decreto che disciplinano i criteri di redazione (art. 8, co. 1, del Decreto; nuovo art. 14-bis del d.lgs. 39/2010). L’incarico può essere affidato anche allo stesso soggetto che redige la revisione legale del bilancio (art. 8, co. 2, del Decreto) a condizione che quest’ultimo abbia superato anche l’esame di idoneità professionale per svolgere incarichi di attestazione della rendicontazione di sostenibilità (cfr. nuova formulazione dell’art. 4 del d.lgs. 39/2010).
La relazione di attestazione dovrà comprendere un paragrafo introduttivo che identifica la RS sottoposta ad attestazione, la data e il periodo a cui si riferisce, il quadro normativo; una descrizione della portata delle attività di attestazione e dei principi di attestazione; le conclusioni di conformità del revisore (art. 14-bis, co. 2, del d.lgs. 39/2010). I revisori hanno diritto di ottenere dagli amministratori i documenti e le notizie utili per l’espletamento delle attività, possono eseguire accertamenti e controlli, esaminare atti e documenti (art. 14-bis, co. 5, del d.lgs. 39/2010).
Il MEF, quando accerta irregolarità nello svolgimento dell’attività di attestazione della conformità della RS potrà applicare sanzioni di diversa natura e portata (che vanno da un mero avvertimento sino alla cancellazione dal Registro) al revisore o alla società di revisione responsabile (cfr. nuova formulazione dell’art. 24, co. 1, d.lgs. 39/2010). Anche la CONSOB (per gli EIP) potrà esercitare il proprio potere sanzionatorio nel caso di violazione delle regole in materia di attestazione di conformità della RS (art. 26-quater d.lgs. 39/2010). Si segnala che per i due anni successivi all’entrata in vigore del Decreto, le sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli artt. 24 e 26-quater del d.lgs. non potranno eccedere per le società di revisione i 125.000 euro, per i revisori della sostenibilità i 50.000 euro (art. 10, co. 2, del Decreto).
4. Le sanzioni
Il Decreto pone in capo agli amministratori della società la responsabilità di garantire che le informazioni della RS vengano fornite in conformità alla nuova disciplina e aggiunge che costoro dovranno agire «secondo criteri di professionalità e diligenza». All’organo di controllo, invece, è attribuito il compito di vigilanza e quello di riferire all’assemblea nella relazione annuale (art. 10, co. 1, del Decreto). Queste le sintetiche disposizioni in materia sanzionatoria (sulle specifiche previsioni che richiamano il TUF si tornerà a breve).
Sul punto è utile ricordare che l’iniziale schema di decreto di recepimento della CRSD operava invece, a differenza di quanto avviene nel testo entrato in vigore, un espresso rinvio alle norme in materia di false comunicazioni sociali (artt. 2621 – 2622 c.c., che a loro volta costituiscono reato presupposto ai sensi del d.lgs. 231/2001).
Alla consultazione, avviata nel febbraio del 2024 dal Dipartimento del Tesoro del MEF e propedeutica al recepimento della CRSD, partecipava Confindustria. L’associazione di categoria in un report criticava l’impostazione inizialmente adottata dal Governo rilevando l’inopportunità dell’equiparazione tra le informazioni contabili di bilancio e quelle in materia di sostenibilità. Le argomentazioni facevano riferimento a diversi fattori, tra i quali i. il RS contiene informazioni di natura prospettica che non rispettano la logica binaria del vero/falso; ii. la normativa impone la raccolta e divulgazione di informazioni sulla catena di valore rispetto alle quali l’impresa redattrice non avrebbe alcun potere legale di controllo (cfr. Osservazioni Confindustria, marzo 2024, p. 7).
Confindustria suggeriva di «introdurre clausole di esclusione della punibilità per cui non dovrebbero essere soggette a sanzioni quantomeno: a) le false informazioni fornite da terzi su cui l’impresa non ha un potere di controllo […] b) la mancata indicazione di informazioni delle società non controllate e di quelle che rientrano nella catena del valore rilevanti […]; c) le informazioni relative ai piani dell’impresa soggetti a mutamenti o non raggiunti» (cfr. Osservazioni Confindustria, marzo 2024, pp. 9 e 10).
La sinteticità del Decreto in tema di sanzioni (che, come anticipato, né richiama né esclude l’applicabilità delle norme in materia di false comunicazioni sociali) sembra preludere l’origine di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia all’interno del quale potrebbero assumere rilevanza diversi elementi, tra i quali – oltre a quelli evidenziati già da Confindustria – il fatto che la RS sia entrata formalmente e a pieno titolo nella relazione sulla gestione nonché l’esigenza di tutela degli stakeholders dal cd. greenwashing.
Un elemento che potrebbe assumere rilevanza all’interno di questo dibattito è anche quello relativo alle modifiche che lo stesso Decreto appone al TUF. Viene in gioco l’aggiunta all’art. 154-ter del comma 1-quater che impone agli emittenti quotati di includere nella relazione sulla gestione la RS redatta in conformità alle norme del Decreto in esame. La violazione degli obblighi di cui all’art. 154-ter TUF (che nel testo riformato fanno dunque riferimento anche a quelli in tema di rendicontazione di sostenibilità) è soggetta a sanzione amministrativa (dichiarazione pubblica, ordine di eliminazione delle infrazioni, sanzione pecuniaria) ai sensi dell’art. 193 TUF, che detta un’articolata disciplina sia in relazione alle persone fisiche che a quelle giuridiche.
L’incipit dell’art. 193 del TUF, però, è caratterizzato da una clausola di riserva, ovvero le sanzioni amministrative per la violazione delle norme in materia di rendicontazione di sostenibilità (stando alla lettera del combinato disposto degli artt. 154-bis, 193 TUF) troverebbero applicazione «salvo che il fatto costituisca reato». Tale clausola, come anticipato, potrebbe essere un ulteriore elemento da risolvere nel dibattito sulla configurabilità o meno dei reati di false comunicazioni sociali per mezzo delle RS.
Si segnala, infine, che per i due anni successivi all’entrata in vigore del Decreto, le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal TUF non potranno eccedere i 2.500.000 euro per la società e i 150.000 euro per le persone fisiche (art. 10, co. 2, del Decreto), in vigenza del regime ordinario le sanzioni comminate arriveranno per l’ente nel massimo a 10 milioni (ovvero, a determinate condizioni, al 5% del fatturato), per la persona fisica ai 2 milioni.
5. Entrata in vigore
L’entrata in vigore del Decreto è definita in termini diversi a seconda del tipo di società in questione.
Dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2024 dovrà essere applicato dalle imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, superano il numero medio di 500 dipendenti occupati durante l’esercizio e dagli enti di interesse pubblico (ex art. 16, comma 1, d.lgs. 39/2010) che sono società madri di un gruppo di grandi dimensioni e che, su base consolidata, alla chiusura del bilancio superano il criterio del numero medio di 500 dipendenti durante l’esercizio.
Le restanti imprese di grandi dimensioni o società madre dovranno applicare le disposizioni del Decreto per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2025.
Tutte le altre società (PMI quotate, enti piccoli e non complessi, imprese di assicurazione e riassicurazione captive) dovranno infine applicare le norme in materia di rendicontazione di sostenibilità a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2026.