Il nuovo delitto e il correlato illecito 231 in tema di operazioni societarie transfrontaliere
di Mario Iannuzziello, Dottore di Ricerca in Diritto penale
1. Introduzione: le operazioni transfrontaliere e il certificato preliminare nel d.lgs. n. 19 del 2023
Il decreto legislativo n. 19 del 2 marzo 2023 ha dato attuazione alla Direttiva UE 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 , che modifica la normativa afferente alle trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere, operazioni societarie – queste – che già trovavano disciplina nella Direttiva UE 2017/1132.
La novazione del marzo 2023, che entrerà in vigore il 3 luglio 2023, oltre ad introdurre nel Codice Civile la disciplina della scissione mediante scorporo (art. 2506, co. 1) e del trasferimento della sede all’estero (art. 2510bis), si caratterizza principalmente perché:
- armonizza le diverse legislazioni tra gli Stati membri dell’Unione europea in tema di operazioni transfrontaliere, in ossequio al principio di libertà di stabilimento per le imprese nello spazio giuridico europeo;
- ricomprende nella nozione di operazioni transfrontaliere anche la trasformazione e la scissione, che finora vi esulavano: infatti, il decreto legislativo n. 108 del 2008, che è stato emanato in attuazione della Direttiva 56/2005/CE afferente alle sole fusioni transfrontaliere e che sarà abrogato con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 19 del 2023, definiva tali e disciplinava soltanto le operazioni di fusione transfrontaliere;
- implementa i diritti dei soci nella procedura di trasformazione, fusione e scissione, riconoscendo loro il diritto di recesso e il diritto alla contestazione del rapporto di cambio (ex multis, artt. 25 – 27, 45 – 47 d.lgs. n. 19/2023) così come quelli dei creditori, attribuendo loro un diritto di opposizione all’operazione transfrontaliera (inter alios, artt. 10 e 28 d.lgs. n. 19/2023);
- articola il procedimento per le operazioni transfrontaliere in tre fasi: fase preliminare dove viene predisposto il progetto di fusione, trasformazione o scissione; fase decisoria, in cui l’assemblea dei soci degli enti coinvolte deliberano sul progetto; fase conclusiva che consta nell’atto di fusione, trasformazione o scissione.
Rinviando al dettagliato studio di Assonime su questa importante novazione legislativa, qui vale apprezzarne i profili penali e i riflessi che questi hanno sulla responsabilità da reato dell’ente.
Infatti, a chiusura della disciplina sulle operazioni transfrontaliere, gli artt. 54 e 55 del d.lgs. n. 19 del 2023 introducono – rispettivamente – una nuova fattispecie penale, rubricata False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare, e un nuovo illecito amministrativo, dipendente da questo delitto.
Preliminarmente all’analisi di queste disposizioni occorre sottolineare la centralità che il certificato preliminare assume nell’economia della disciplina prevista dal d.lgs. n. 19 del 2023.
L’art. 29 pone questo certificato – la cui redazione è affidata al notaio – a cerniera tra le fasi preliminare e decisoria e la successiva fase conclusiva. La fase preliminare conclude l’elaborazione del progetto di operazione transfrontaliera fatta dall’organo amministrativo (prima fase), dove si valuta lo stato di fatto e di diritto delle società coinvolte, su cui si base la decisione (seconda fase) dell’assemblea dei soci circa la trasformazione, fusione o scissione, che dovrà essere trascritta nel registro delle imprese. A seguito di queste procedure il notaio stila il certificato preliminare alla fase conclusiva (terza fase) cioè alla redazione dell’atto pubblico.
La fase preliminare costituisce il primo – e forse più delicato – segmento delle operazioni transfrontaliere. Consta, infatti, di due stadi, uno che potrebbe definirsi interno all’impresa e l’altro, invece, esterno ad essa. Il primo attiene alla redazione del progetto di trasformazione, fusione e scissione da parte dell’organo amministrativo dell’ente, in cui vengono indicati gli aspetti economici e giuridici dell’operazione, compresi gli impatti sull’occupazione e sull’assetto societario, a cui i soci e i dipendenti possono accedere. Il secondo, invece, consta della pubblicazione del progetto dell’operazione transfrontaliera nel registro delle imprese del luogo in cui le società coinvolte hanno sede oppure sui relativi siti internet.
A questa, poi, segue la fase decisoria in cui l’assemblea dei soci prende le proprie determinazioni sul progetto di operazione transfrontaliera.
La fase preliminare e la fase decisoria si concludono con il rilascio del certificato preliminare.
La scelta di presidiare con la sanzione penale la veridicità del suo contenuto pare giustificarsi con lo scopo assegnato a tale certificato e con la collocazione endoprocedimentale che occupa: infatti, è volto ad attestare la regolarità della procedura prevista dal decreto legislativo n. 19 del 2023 e la conformità della stessa alle leggi in materia e che l’operazione non persegue scopi manifestatamente fraudolenti o illeciti. Pertanto, funge da snodo per la successiva fase conclusiva, dove il tutto trova compimento con la redazione dell’atto pubblico di fusione, scissione o trasformazione.
In altre parole, serve a certificare preliminarmente la legalità dell’operazione transfrontaliera che sarà effettuata a seguito e sulla base di quanto attestato dal notaio – nella qualità di pubblico ufficiale (cfr., art. 52 d.lgs. n. 19/2023, che integra l’ordinamento del notariato, l. n. 86/1913) – nel certificato preliminare.
2. Il nuovo reato-presupposto: il delitto di False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare
L’art. 54 d.lgs. n. 19 del 2023 – come anticipato – delinea una nuova fattispecie incriminatrice volta a tutelare la veridicità di quanto contenuto nel certificato preliminare. Dispone, infatti, che:
- Chiunque, al fine di far apparire adempiute le condizioni per il rilascio del certificato preliminare di cui all’articolo 29, forma documenti in tutto o in parte falsi, altera documenti veri, rende dichiarazioni false oppure omette informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
- In caso di condanna ad una pena non inferiore a mesi otto di reclusione segue l’applicazione della pena accessoria di cui all’articolo 32-bis del codice penale.
Il delitto – perseguibile d’ufficio – si presenta come un reato comune, seppur la sua realizzazione pare possibile soltanto da quei soggetti a cui il d.lgs. n. 19 del 2023 attribuisce il compito di raccogliere i dati all’interno dell’impresa, elaborarli, comunicarli oppure partecipi alla procedura ossia da tutti coloro che nell’operazione transfrontaliere rivestono un ruolo, che trova disciplina nel medesimo decreto legislativo o nelle fonti da questo richiamate.
La condotta, poi, può essere attiva (formazione di documenti falsi, in tutto o in parte; alterazione di documenti veri; resa di dichiarazioni false) oppure omissiva (omissione di informazioni rilevanti) e deve essere sorretta dal dolo specifico: porre in essere l’immutatio veri delle condizioni necessarie al rilascio del certificato preliminare da parte del notaio.
L’oggetto materiale della condotta si rinviene nei documenti e nelle attestazioni funzionali alla redazione del progetto di trasformazione, fusione o scissione su cui sarà stilato il certificato preliminare, che – se si basasse su atti difformi dal vero – condurrebbe a un’operazione transfrontaliera in frode alla legge.
Del resto, questa nuova incriminazione risponde chiaramente alla logica e al modello di tutela dei reati contro la pubblica fede, che qui viene adattata alle specificità del caso: il rinvio fisso all’art. 29 d.lgs. n. 19 del 2023, infatti, da un canto perimetra l’area del dolo specifico e, dall’altro, circoscrive l’ambito oggettivo dell’incriminazione, rilevando soltanto quelle alterazioni della realtà funzionali al certificato preliminare.
A mero titolo esemplificativo, tale delitto potrà configurarsi a seguito di false dichiarazioni o informazioni risultanti dal progetto dell’operazione transfrontaliera (art. 8, 19 e 43 d.lgs. n. 19/2023) oppure nell’alterazione o nella falsificazione delle attestazioni sulla situazione debitoria e creditizia (art. 30) così come in quelle contenute nelle relazioni degli amministratori (art. 21) o degli esperti (art. 22). Ciascuno di questi documenti, infatti, è necessario – quindi prodromico – per il rilascio della certificazione preliminare e da ciò ne consegue che l’immutatio veri in uno di questi atti possa riverberarsi sulla successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente.
La pena per questo delitto va da un minimo di mesi sei a un massimo di anni tre di reclusione e tale circostanza lo rende elegibile negli istituti deflattivi previsti dalla parte generale del Codice Penale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131bis) e la sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 168bis).
Il comma 2 dell’incriminazione, poi, prevede che alla condanna non inferiore a mesi otto di reclusione segue – di diritto – la pena accessoria di cui all’art. 32bis c.p. cioè l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Il binomio pena principale/pena accessoria pare concedere una maggiore efficacia preventiva alla seconda: il reato si consuma all’interno di una società o comunque in un contesto prossimo a questa. Pertanto, la sanzione interdittiva – seppur temporanea – pare dotata di maggiore efficacia preventiva verso quel chiunque che – in qualche modo – è collegato al contesto societario.
3. Il nuovo illecito amministrativo societario dipendente dal reato di False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare
L’art. 55 del d.lgs. n. 19 del 2023, poi, rubricato Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 inserisce nella c.d. parte speciale del Decreto 231 un nuovo illecito amministrativo dipendente dal reato di False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare. Stabilisce che:
All’articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’alinea, dopo le parole «dal codice civile», sono inserite le seguenti: «o da altre leggi speciali»;
b) alla lettera s-bis), il segno di interpunzione «.» è sostituito con il seguente: «;»;
c) dopo la lettera s-bis) è inserita la seguente: «s-ter) per il delitto di false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa della direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.».
L’intervento sull’art. 25ter del Decreto 231 si muove secondo due direttrici: da un lato emenda l’allinea, ricomprendendo anche le leggi speciali, tra cui rientra il decreto legislativo n. 19 del 2023, e dall’altro introduce il rinvio fisso al delitto di False o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare, rendendolo così reato-presupposto.
Questa novazione, oltre che incrementare il catalogo degli illeciti 231, va a presidiare con la sanzione amministrativa pecuniaria un momento particolarmente rilevante nella vita di un’impresa a vocazione transnazionale.
Se, infatti, fino al 3 luglio 2023 – data dell’entrata in vigore di questo nuovo illecito – le operazioni di trasformazione (art. 28, d.lgs. n. 231/2001), fusione (art. 29, d.lgs. n. 231/2001) e scissione (art. 30, d.lgs. n. 231/2001) dell’ente continueranno a rilevare solo come vicende modificative dell’ente ai fini dell’imputazione dell’illecito 231, da quella data in poi le stesse vicende rileveranno anche come “strategia di politica d’impresa” per l’illecito di nuovo conio cioè come referente teleologico della condotta illecita.
La cornice edittale per tale illecito, poi, contrassegna il maggior disvalore che l’immutatio veri assume nel sistema 231 (art. 55 d.lgs. n. 19/2023) rispetto a quello riservatogli nel diritto penale nucleare (art. 54 d.lgs. n. 19/2023). Per il reato-presupposto – come visto – è prevista la reclusione da mesi sei a anni tre, mentre per l’illecito amministrativo da questo dipendente la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquanta a trecento quote, cioè per un valore che – ex art. 10 co. 3 d.lgs. n. 231/2001 – va da un minimo di € 38.700,00 a un massimo di € 464.700,00, senza considerare che l’ultimo comma dell’art. 25ter d.lgs. n. 231/2001 prevede l’aumento di un terzo della sanzione quando dalla commissione di un reato societario l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità.
La collocazione sistematica di questo nuovo illecito 231 tra i reati societari di cui all’art. 25ter d.lgs. n. 231/2001 prova quanto già emerso a proposito del soggetto attivo del reato di cui all’art. 54 d.lgs. n. 19/2023 cioè che – ragionevolmente – quel chiunque possa riferirsi a chi nell’organizzazione dell’impresa rivesta una posizione qualificata, tanto come apicale (art. 6) quanto come soggetto sottoposto all’altrui direzione (art. 7).
L’interesse o il vantaggio all’operazione transfrontaliera di trasformazione, fusione o scissione diviene un requisito fondante della responsabilità 231, legato alla commissione del reato-presupposto di cui all’art. 54 d.lgs. n. 19/2023. Di conseguenza, nel sistema 231 la veridicità delle attestazioni contenute del certificato preliminare assume un significato ancora più pregnante: è un argine contro le possibili frodi in tali operazioni societarie e di cui può beneficiarne un ente a discapito di un altro.
Il falso o l’omessa dichiarazione che si riversa nel progetto di fusione come delineato dal d.lgs. n. 19/2023 può conseguire all’elusione o alla violazione delle norme del modello di organizzazione e gestione che disciplinano i flussi informativi all’interno dell’impresa.
Pertanto, la novazione del 2023 incide profondamente anche sul versante della colpa di organizzazione, cioè sul profilo soggettivo dell’illecito 231, rilevando la normativa in commento soprattutto in funzione di compliance d’impresa.
4. Gli impatti del d.lgs. n. 19 del 2023 sulla compliance d’impresa
La disciplina sulle operazioni transfrontaliere più che segnalarsi per l’introduzione di un reato-presupposto e dell’illecito amministrativo da questo dipendente si apprezza per indurre le imprese – soprattutto quelle medie e grandi e con vocazione transnazionale – ad incrementare i propri standard di compliance, adattando i modelli di organizzazione e gestione alle nuove procedure previste dal decreto legislativo n. 19 del 2023.
Quest’ultimo, infatti, richiede all’impresa ulteriori adempimenti, che si aggiungono a quelli già previsti – fra gli altri – dagli articoli 2501ter (Progetto di fusione) e 2501quinques (Relazione dell’organo amministrativo) c.c.: basti pensare che il progetto di fusione di cui all’art. 8 d.lgs. n. 19/2023 richiede, oltre a quanto previsto dall’art. 2501ter c.c., che da esso risultino anche “le informazioni sulle procedure di coinvolgimento dei lavoratori nella definizione dei loro diritti di partecipazione nella società risultante dalla fusione e le alternative possibili” insieme a una serie di altri dati.
Con specifico riferimento al certificato preliminare, che è il cuore tanto del reato-presupposto quanto dell’illecito 231 esaminati in precedenza, l’art. 29 d.lgs. n. 19/2023 dispone che ad esso debbano essere allegate – fra le altre cose – anche “le osservazioni di soci, lavoratori e creditori, se pervenute”. Questa previsione suggerisce di implementare i canali informativi dell’ente in modo tale da evitare l’omissione di informazioni rilevanti ossia la condotta omissiva idonea ad integrare il reato e l’illecito amministrativo di nuovo conio.
Pertanto, leggendo insieme gli artt. 29, 54 e 55 d.lgs. n. 19/2023 risulta convalidato il paradigma della prevenzione mediante organizzazione: le disposizioni penali, infatti, sono volte ad assicurare la veridicità del certificato preliminare (quindi, a contrario, a prevenire il mendacio), che – in un’organizzazione complessa quale è l’impresa – si realizza anche tramite l’adozione e l’efficacia attuazione di un modello di organizzazione e gestione.
In conclusione, la disciplina dettata per le operazioni transfrontaliere induce ad innalzare e ad innovare le procedure di compliance, perché introduce nel sistema un nuovo fattore di risk assessment (i processi interni all’impresa più prossimi alla commissione del nuovo illecito societario), ma anche perché tende a standardizzarle nello spazio giuridico europeo: il d.lgs. n. 19/2023, d’altronde, è attuazione di una direttiva di armonizzazione.