Valorizzare il dato empirico con un “Corporate Crime Database”, notizie dagli USA

di  Megi Trashaj,  Dottoranda  in  Diritto penale;  Avvocato

 

 

 

Il costante affinamento e sviluppo di nuove tecnologie, in particolare di quelle che usano strumenti di intelligenza artificiale, consente, tra le altre cose, di avvalersi di modalità di raccolta e sistematizzazione dei dati empirici che risultano essere significativamente utili anche nell’ambito giuridico.

In particolare, la possibilità di far ricorso alla metodologia data-driven, che si muove su campioni particolarmente ampi di dati, si riflette positivamente sull’attività legislativa e più in generale sull’intera gestione della giustizia.

In altri termini, il dato statistico, ormai divenuto “patrimonio comune”, rappresenta il punto di partenza utile, ma anche essenziale e irrinunciabile, per ogni tipo di lavoro sia legislativo che scientifico (come ci ricordava l’ex ministra Marta Cartabia nel 2021).

 

L’esigenza di valorizzare gli elementi empirici è particolarmente avvertita negli USA con riferimento alla compliance. Ciò avviene non soltanto a livello di dibattito scientifico, come già segnalato, ma anche a livello legislativo: attualmente è in corso di discussione l’approvazione del “Corporate Crime Database Act of 2022”, proposta legislativa volta all’istituzione di una corposa banca dati in materia di corporate e white collar crime, promossa non solo dai membri del Congresso che l’hanno sottoscritta ma anche da accademici e organizzazioni impegnate nella prevenzione degli illeciti commessi dalle imprese.

 

Il ruolo pionieristico degli Stati Uniti nel settore del contrasto al corporate crime e della compliance è noto e, proprio per questo, il testo del “Corporate Crime Database Act”, e gli elementi circostanziali che vi ruotano attorno, potrebbero rappresentare un buon punto di partenza anche per la riflessione nel panorama italiano dove, sul fronte della valorizzazione dei dati, il percorso sembra ancora lungo.

 

 

1. Il contenuto del “Corporate Crime Database Act of 2022”

 

Lo scorso 29 novembre 2022 è stata presentata, presso il Congresso USA (organo legislativo del Governo federale degli Stati Uniti d’America), la proposta di istituzione del “Corporate Crime Database”.

L’articolato normativo è diretto a istituire un sistema di raccolta, aggregazione e analisi di informazioni relative alle azioni intraprese negli USA per il contrasto alle “corporate offenses” e, in una seconda fase, alla pubblicazione – sul sito del principale ente statistico del Dipartimento di Giustizia statunitense (il Bureau of Justice Statistics – BJS) –  dei dati raccolti.

 

 

1.1. L’individuazione delle “corporate offenses

 

Il perno attorno al quale ruota l’individuazione degli elementi che dovrebbero confluire all’interno del database è il concetto di “corporate offenses”, che risulta inteso in senso alquanto lato.

 

Stando alla proposta presentata al Congresso, vi rientrerebbero:

  • le violazioni (e quelle che si presumono tali) della legge federale americana poste in essere da imprese e/o da persone fisiche che operano all’interno di contesti organizzativi;
  • le altre infrazioni ritenute rilevanti dal Director of the Bureau of Justice Statistic (da ora in avanti, più sinteticamente, Director of the Bureau). Indicazione, questa, che potrebbe portare alla raccolta di elementi su condotte ulteriori rispetto a quelle formalmente qualificate come illecite dalla normativa vigente.

 

 

1.2. Le categorie di dati rilevanti

 

Anche i connotati delle “corporate offenses” dei quali si propone la raccolta, analisi e pubblicazione sono molto eterogenei.

 

In particolare, a fronte di una violazione posta in essere da un’impresa, dovrebbero alimentare il database –  oltre alle informazioni sul tipo di condotta illegale tenuta e sulla normativa violata –  i seguenti elementi:

  • ente e persona fisica che hanno preso parte all’infrazione delle norme;
  • datore di lavoro (nei termini che saranno ritenuti idonei dal Director of the Bureau) del dipendente che ha attuato l’illecito;
  • eventuale gruppo di appartenenza dell’impresa soggetto attivo della violazione;
  • agenzia che ha intrapreso il contrasto all’illegalità ed esiti del controllo.

 

Nel database dovrebbe altresì confluire ogni ulteriore informazione ritenuta utile dal Director of the Bureau per perseguire le finalità del “Corporate Crime Database Act”.

Secondo il testo normativo, inoltre, nella sistematizzazione degli elementi raccolti dovrà essere utilizzata una stringa identificativa unica per i diversi soggetti coinvolti, utile per ricerche incrociate o per l’individuazione di eventuali casi di recidiva.

 

 

1.3. La modalità di raccolta dei dati

 

Il testo in analisi, con preziosa concretezza, pone anche le basi per una successiva e più dettagliata disciplina dell’attività materiale di raccolta delle menzionate informazioni.

 

In particolare, si attribuisce al Director of the Bureau il compito di creare delle linee guida – da diffondere alle agenzie di controllo impegnate nel contrasto al corporate crime – per la raccolta e trasmissione dei dati di interesse all’ufficio statistico.

Su questo fronte si demanda quindi al Direttore il compito di stabilire modi, tempi e frequenza con cui le Federal agency dovranno sistematizzare e rendere noti gli elementi di rilievo oggetto di tracciamento.

 

 

1.4. Le coordinate temporali delle informazioni statistiche

 

I dati che il “Corporate Crime Database Act” si propone di raccogliere non sono solo quelli relativi agli illeciti che si verificheranno dopo la sua eventuale approvazione. La proposta, infatti, è volta a creare un sistema all’interno del quale confluiscano anche informazioni sulle corporate offenses relative a periodi precedenti rispetto all’entrata in vigore del dettato normativo (pur non essendo stato indicato uno specifico momento temporale a partire dal quale i dati risultano significativi ai fini della raccolta).

 

Il fatto che la proposta non si limiti a imporre una sistematizzazione dei soli dati ‘del futuro’ risponde alla logica secondo la quale l’elemento statistico è quanto più utile tanto maggiore è l’arco di tracciamento dei fenomeni oggetto di interesse e delle variabili che interferiscono, nei vari periodi storici, con esso.

 

 

1.5. L’accessibilità e l’aggiornamento per una miglior deterrenza

 

Sono chiare, nell’ottica dei proponenti, le esigenze di accessibilità e di aggiornamento che il database dovrà soddisfare.

 

Sul primo fronte, gli elementi statistici, come si legge dalla proposta normativa, oltre a dover essere pubblicati sul sito web del Bureau of Justice Statistics (BJS) dovranno essere resi disponibili in formato “searchable”, “downloadable”, and “accessible” per chiunque abbia interesse alla consultazione.

 

D’altro canto, poi, il Director of the Bureau dovrà riferire al Congresso, annualmente, sulle informazioni statistiche risultanti dal database e in particolare sulla tipologia di violazioni accertate o contestate, sui casi di recidiva e sulle azioni intraprese per il contrasto degli illeciti.

Nell’ambito della stessa attività di reporting, inoltre, il Direttore dovrà relazionare circa le conseguenze degli illeciti d’impresa sulle vittime e sulla collettività (“an estimate of the impact of corporate offenses on victims and the public”) e fornire raccomandazioni per un miglior monitoraggio e, soprattutto, per un’implementazione della deterrence delle “corporate offenses”.

 

 

2. La supporting letter a sostegno del “Corporate Crime Database Act ” spiega la ratio della nuova proposta: i danni del corporate e white collar crime

 

Il disegno di legge è stato accolto con favore da accademici e da molteplici organizzazioni americane che hanno firmato e presentato al Congresso una supporting letter, datata 29 novembre 2022, a sostegno del “Corporate Crime Database Act”.

 

Nella lettera vengono ricostruite le esigenze che rendono necessaria l’approvazione della proposta normativa oggetto di discussione e si sottolineano gli aspetti positivi correlati alla raccolta e alla pubblicazione dei dati in materia di corporate crime.

 

In particolare, nel testo della missiva, con linguaggio chiaro e altamente efficace, si evidenzia uno “shocking gap in public knowledge about corporate lawbreaking”. La carenza di informazioni è attribuita, in particolare, al fatto che non ci sia un’autorità direttamente responsabile della raccolta dei dati in materia di corporate crime.

 

D’altra parte, lo “shocking gap” è ritenuto fortemente allarmante alla luce del fatto che le violazioni poste in essere dalle imprese ledono milioni di persone (“corporate lawbreaking harms millions upon millions of Americans”) anche per la loro frequenza (“major firms are engaging in misconduct at least twice a week”).

 

I sostenitori della proposta normativa rilevano, inoltre, che corporate e white collar crime abbiano un costo annuo stimabile tra i 300 e gli 800 miliardi di dollari. Cifre significativamente maggiori rispetto a quelle dello street crime (16 miliardi di dollari), con riferimento al quale, tuttavia, è già da tempo attuato un sistema di raccolta e report dei dati ad opera della FBI.

Una tale ingiustificata asimmetria informativa tra corporate e street crime renderebbe, dunque, impellente l’istituzione del database proposto dall’articolato normativo presentato al Congresso.

 

In definitiva, gli accademici e le organizzazioni, nella supporting letter, sottolineano che il “Corporate Crime Database Act” sarebbe indispensabile “in order to protect the American public from corporate lawbreaking” in quanto renderebbe note informazioni essenziali per migliorare l’azione di contrasto contro il corporate e white collar crime.

 

 

3. La missiva all’Attorney General : dati parziali e informali non sono sufficienti

 

In seguito alla presentazione della proposta di legge del “Corporate Crime Database Act”, i medesimi proponenti hanno indirizzato una lettera ulteriore all’Attorney General (ossia a colui che guida il Dipartimento della giustizia su nomina del Presidente statunitense) Merrick Garland, esortando nuovamente ad intraprendere un tracciamento sistematico delle azioni di contrasto attuate dallo Stato federale per la repressione del corporate crime.

 

In questo documento, che tiene vive l’attenzione sul tema, si evidenzia che l’ultimo report del Department of Justice degli Stati Uniti (DOJ) in materia di corporate crime risalga all’ormai lontano 1979.

 

D’altra parte, nello stesso documento si rimarca il fatto che le rilevazioni interne del Dipartimento in materia di pre-trial diversion agreement PDA (nelle forme dei noti Non-Prosecution Agreements NPAs e Deferred Prosecution Agreements DPAs) così come le raccolte parziali della Criminal Fraud Section e quelle informali di Università e ricercatori – seppur permettano di delineare linee di tendenza dei reati commessi nel settore di interesse – non siano sufficienti a superare il gap informativo in materia di corporate crime.

 

Al contrario, una raccolta regolare e aggiornata dei dati all’interno del proposto corporate crime database sarebbe il miglior strumento per l’enforcement, nel settore di interesse, con un correlato aumento della fiducia dei cittadini in un sistema giudiziario equo e giusto (“the American people’s faith in a fair and equal justice system for all”).

 

 

4. Lo “shocking gap ” è presente anche in Italia e il recente progetto di ricerca del CNPDS ha tentato di colmarne una parte

 

Le valutazioni sin qui svolte in ordine alla rilevanza del dato empirico ai fini delle scelte politico-criminali di contrasto al corporate crime sono agevolmente trasponibili anche al contesto italiano, notoriamente carente da questo punto di vista, tanto a livello generale quanto nel particolare ambito della criminalità d’impresa.

 

Se, come già ricordato in apertura di questo scritto, l’allora Ministra della Giustizia rimarcava la necessità di avvalersi di dati empirici e statistici nelle decisioni legislative, nel medesimo intervento del 20 ottobre 2021 tenuto all’Università LUISS di Roma ella faceva anche espresso riferimento al contesto del d.lgs. n. 231/2001.   In tale occasione, nondimeno, si notava come i dati giudiziari, attualmente, in Italia siano “faticosamente” recuperabili.

 

Per quanto anche alle nostre latitudini ci siano stati progetti che hanno tentato di colmare tali lacune (tra i quali quello da cui è nato il portale Corporate Crime & Compliance Hub), essi si sono comunque scontrati con i prevedibili limiti di analisi di questo tipo che emergono in modo plastico dalla lettera indirizzata all’Attorney General sopra menzionata (§ 3): questo tipo di ricerche, strutturalmente, pur generando informazioni sulle ‘fluttuazioni’ del corporate crime non sono ufficiali, non possono essere complete e dunque necessitano di essere implementate perché l’azione preventiva dello Stato e delle agenzie raggiunga l’effetto sperato di riduzione degli illeciti (research projects “provide some information on corporate crime trends.  However, an official federal corporate crime database that presents a complete view of Department-wide actions would provide significant benefits for law enforcement agencies, researchers, and the general public”).

 

Una tale implementazione del bacino di informazioni sul corporate crime commesso nel territorio italiano potrebbe avvenire proprio attraverso un’azione simile a quella proposta negli USA con il “Corporate Crime Database Act” che passa per disposizioni che coinvolgano, ai fini della raccolta, i diversi uffici territoriali (giudiziari e non) che entrano in contatto con il corporate crime. Solo un’accurata raccolta e sistematizzazione di questi dati sarebbe idonea a segnare linee di tendenza affidabili per un miglioramento mirato degli elementi (normativi o extra-legislativi) che ne mostrano l’esigenza.

 

 

 

Clicca qui per leggere il “Corporate Crime Database Act of 2022” presentato il 29 novembre 2022.

 

Clicca qui per leggere la “supporting letter” del 29 novembre 2022.

 

Clicca qui per leggere la “letter to Attorney General” del 20 dicembre 2022.