Il discrimen tra la delega di funzioni e la delega gestoria in una nuova pronuncia della Cassazione

di  Federica  Zazzaro, Dottoranda di ricerca in Diritto penale

 

 

 

 

Con la sentenza n. 8476/2023, la Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione coglie l’occasione per definire le principali differenze sussistenti tra la delega di funzioni, prevista dal d.lgs. n. 81/2008, e la delega gestoria, prevista dall’art. 2381 del Codice civile.

 

Un tema di particolare rilevanza nel settore della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è quello concernente l’individuazione del soggetto, titolare della posizione di garanzia, che nel caso specifico dovrebbe agire al fine di impedire l’evento lesivo. Nella maggior parte dei casi questa posizione è rivestita dal datore di lavoro. Tuttavia, può accadere che all’interno dell’impresa si faccia ricorso alla figura della delega di funzioni, disciplinata dall’art. 16 d.lgs. n. 81/2008 (T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) o che invece si adoperi l’istituto della delega gestoria, prevista dall’art. 2381 c.c..

 

Se diamo uno sguardo alle pronunce giurisprudenziali di merito e di legittimità ci rendiamo conto che non sempre è agevole individuare l’una o l’altra figura e spesso può accadere che i giudici confondano le due figure, sovrapponendole o riconoscendo impropriamente la delega di funzioni piuttosto che la delega gestoria.

 

Le ripercussioni derivanti da questa sovrapposizione sono notevoli, non solo sul piano della suddivisione delle competenze tra i soggetti dell’impresa, ma anche su quello della ripartizione della responsabilità penale tra il delegante e il delegato.

 

Per ovviare a questo problema è indispensabile individuare i presupposti normativi previsti dalla disciplina e gli elementi distintivi di ciascuna delle due deleghe.

 

 

 

 

1. Il fatto concreto

La vicenda trae origine da un episodio di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che aveva riguardato un dipendente della società e per le quali si contestava la responsabilità dell’amministratore delegato. Nel dettaglio, l’incidente era avvenuto nella zona di stoccaggio temporaneo dei pancali dei prodotti confezionati dell’azienda ove la persona offesa era stata investita durante un’operazione di manovra di un carrello elevatore condotto da un altro dipendente, procurandosi una frattura con prognosi di durata superiore a quaranta giorni.

 

L’amministratore delegato veniva condannato in primo grado (con conferma in appello) per responsabilità colposa aggravata dalla violazione degli obblighi preventivi di cui all’art. 64 d.lgs. n. 81/2008, ovverosia per non avere provveduto a tracciare le vie di circolazione nell’area di stoccaggio temporaneo.

 

Il caso veniva portato dinnanzi al Supremo Collegio dal difensore dell’imputato, il quale lamentava, tra i vari motivi di ricorso, la contraddittorietà della motivazione della sentenza di appello quanto al contenuto e alla portata della delega di funzioni in atti rilasciata dall’imputato ad un altro soggetto (quest’ultimo nella veste di amministratore delegato nonché direttore di stabilimento dell’azienda).

 

Secondo la difesa, infatti, la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto che la delega avesse operato un mero trasferimento di funzioni sul piano della sicurezza sul lavoro (ex art. 16, d. lgs. n. 81/2008) e che non rientrasse sul piano di una delega finalizzata alla migliore gestione e organizzazione dell’attività d’impresa (c.d. delega gestoria). Al contrario, i giudici di appello avrebbero dovuto constatare che la delega effettuata al direttore di stabilimento era relativa alla gestione e controllo dell’impresa e che la mancata indicazione della dotazione finanziaria rilevava solo in caso di delega di funzioni e non in quello di delega gestoria.

 

La Quarta Sezione della Corte di Cassazione, investita della questione, coglie l’occasione per chiarire le linee strutturali della delega di funzioni e della delega gestoria, sia sul piano contenutistico sia sul piano della ripartizione della responsabilità penale tra i soggetti coinvolti.

 

 

 

 

2. La delega di funzioni ex art. 16 d. lgs. n. 81/2008

La Corte, in prima battuta, rileva come la delega di funzioni sia stata espressamente disciplinata con il d.lgs. n. 81/2008, il quale ha delineato i requisiti essenziali sulla base dell’elaborazione giurisprudenziale formatasi già precedentemente con il d.lgs. n. 626/1994.

 

Il legislatore del 2008 ha regolamentato l’istituto della delega prevedendo una serie di requisiti di carattere formale per garantire una migliore efficacia al sistema di tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Tra questi vi è la natura scritta dell’atto di delega, i requisiti di professionalità ed esperienza in base alla natura delle funzioni delegate, l’autonomia di spesa richiesta per lo svolgimento delle funzioni, nonché l’accettazione per iscritto da parte del delegato.

 

La Suprema Corte riconosce l’istituto quale «strumento con il quale il datore di lavoro (e non anche il dirigente, pure investito a titolo originario come il preposto dal TUSL di compiti a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro) trasferisce i poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto». A quest’ultimo sarà, quindi, riconosciuta una posizione di garanzia a titolo derivativo, con conseguente riduzione dei doveri facenti capo al soggetto delegante.

 

Nondimeno, non tutti gli obblighi sono delegabili: la disciplina limita l’oggetto della delega per una serie di obblighi non delegabili perché strettamente connessi al ruolo di datore di lavoro all’interno dell’attività d’impresa: la valutazione dei rischi, l’elaborazione del documento di valutazione e la designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP).

 

Allorché vi sia la delega, invece, la Corte rileva come in capo al delegante permanga «un preciso dovere di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e prima ancora un preciso dovere di individuare quale destinatario dei poteri e delle attribuzioni un soggetto dotato delle professionalità e delle competenze necessarie».

 

Sul tema della delega e dei residui poteri di vigilanza si era già pronunciata la Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 383423 del 24 aprile 2014, c.d. caso Thyssenkrupp.

 

Nella vicenda in questione, il Supremo Collegio affermava che la delega, così come prevista dall’art. 16 d.lgs. n. 81/2008 «ridetermina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità» senza produrre alcun effetto liberatorio per il delegante che continuerà ad avere un obbligo di “vigilanza alta” per il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del soggetto delegato.

 

Diversamente – si legge nella sentenza a Sezioni Unite – si avrà la delega gestoria nel caso in cui il soggetto trasferirà insieme ai doveri tutti i poteri necessari all’efficiente gestione del rischio. Pertanto, non vi è effetto liberatorio per il delegante senza un’attribuzione reale di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa pertinenti all’ambito delegato e il soggetto delegante potrà essere chiamato a rispondere degli eventi illeciti qualora l’omessa vigilanza abbia avuto un ruolo eziologico rispetto agli accadimenti.

 

 

 

 

3. La delega gestoria tra i componenti del consiglio di amministrazione

La sentenza in commento affronta poi l’istituto della delega gestoria, la quale «attiene alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità nelle organizzazioni complesse» ed è volta a garantire l’esercizio della funzione gestoria nel modo più efficiente, attraverso la suddivisione delle varie competenze in base alle professionalità esistenti all’interno della struttura complessa.

 

La Corte opera dapprima una distinzione tra le società di capitali in cui l’attività gestoria è affidata unanimemente all’organo collegiale e le società in cui l’attività è ripartita tra i vari amministratori in base alle specifiche funzioni svolte.

 

Nella prima ipotesi non vi è alcuna delega di gestione e la responsabilità penale in caso di infortunio sul lavoro verrà ripartita tra tutti i componenti del CdA, senza alcuna distinzione né causa di esclusione (così nelle pronunce sez. 4 n. 8118 del 01/02/2017, Ottavi; n. 49402 del 13/11/2013, Bruni).

 

Al contrario, nella seconda ipotesi – che secondo la Corte rappresenterebbe la più diffusa – ci si trova di fronte ad un consiglio di amministrazione che delega le proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi componenti o ad un comitato esecutivo (c.d. board) e realizza una suddivisione delle funzioni interne e delle responsabilità tra i vari amministratori.

 

In quest’ultimo modello di amministrazione si parlerà di delega gestoria. I requisiti di validità sono disciplinati all’art. 2381 c.c.: tra questi, la necessaria autorizzazione da parte dei soci o nello statuto per ricorrere a tale istituto; la determinazione del contenuto, dei limiti e delle eventuali modalità di esercizio della delega da parte del CdA; la possibilità di quest’ultimo di impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega, nonché di valutare, sulla base delle informazioni ricevute, l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; infine, la verifica dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile ad opera degli organi delegati.

 

Dopo aver delineato le principali caratteristiche, la Suprema Corte afferma che ai fini della individuazione della figura datoriale in presenza di deleghe gestorie sarà necessario «verificare in concreto la effettività dei poteri di gestione e di spesa di consiglieri delegati o del comitato esecutivo». La giurisprudenza prevalente è concorde nel ritenere che in presenza di una formale delega gestoria che riguardi la materia della sicurezza sul lavoro ci si dovrà interrogare sul “se” e “come” i soggetti delegati siano stati messi nella condizione di partecipare attivamente ai relativi processi decisori.

 

Tale impostazione giurisprudenziale prende origine dalla stessa definizione di datore di lavoro in senso prevenzionistico, di cui all’art. 2 comma 1 lett. b) del d. lgs n. 81/2008, quale «soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa».

 

Con riferimento all’ambito del diritto penale del lavoro, la Corte ritiene che «alla concentrazione dei poteri e delle attribuzioni in capo ad alcuni soggetti, giustificata dalla necessità di un più proficuo esercizio, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità, sempre che si accerti che il consiglio delegante abbia assicurato il necessario flusso informativo ed esercitato il potere dovere di controllo sull’assetto organizzativo adottato dal delegato».

Permangono, tuttavia, margini di responsabilità in capo ai membri non delegati per i residui doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo di cui sono dotati, ai sensi degli artt. 2381 comma 3 e 2392 comma 2 c.c.

 

 

 

 

4. I due istituti a confronto

A seguire, la Suprema Corte chiarisce le differenze tra i due istituti con ulteriori precisazioni.

 

Da un lato, la delega di funzioni prevista dall’art. 16 del d.lgs. n. 81/2008 «opera il trasferimento di alcune funzioni proprie del ruolo datoriale cosicché i delegati vengono investiti di poteri e di doveri dei quali sono privi a titolo originario».

 

Dall’altro lato, la delega gestoria «consente di concentrare i poteri decisionali e di spesa connessi alla funzione datoriale, che fa capo ad una pluralità di soggetti (ovvero i membri del consiglio di amministrazione), solo su alcuni di essi» con la specificazione che in quest’ultimo caso «non è concepibile il trasferimento della funzione, ma solo l’adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa – anche quelli relativi alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori – vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori».

 

La differenza è evidente per ciò che concerne il contenuto della delega, nonché per i rapporti fra deleganti e delegati.

 

Il requisito essenziale nella delega di funzioni è il conferimento del potere di spesa «adeguato in relazione alle necessità connesse allo svolgimento delle funzioni delegate» e non sarà possibile delegare alcuni obblighi tassativamente indicati dalla legge.

 

Al contrario, nella disciplina della delega gestoria, il delegato è già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri, ivi compreso quello di spesa, senza alcun limite imposto dalla legge. Pertanto, in quest’ultimo caso, non sarà necessario specificare il trasferimento del potere di spesa e indicare la dotazione finanziaria specifica.

 

Quanto al dovere di controllo che residua in capo ai deleganti, la Suprema Corte evidenzia che l’attività di vigilanza richiesta dall’art. 16 comma 3 d. lgs n. 81/2008 permane in capo al datore di lavoro e si intende assolta in caso di adozione ed attuazione efficace del modello organizzativo di cui all’art. 30 comma 4, d.lgs n. 81/2008.

 

Viceversa, per il dovere di controllo prescritto nel codice civile la Corte chiarisce che «si potrà configurare un dovere di verifica sulla base del flusso informativo, dell’assetto organizzativo generale e un vero e proprio potere di intervento anche con riferimento alla adozione di singole misure specifiche nel caso in cui vengano a conoscenza di fatti pregiudizievoli, id est di situazioni di rischio non adeguatamente governate. In conseguenza della violazione di tali obblighi, potranno essere ritenuti responsabili di violazione alla normativa antinfortunistica e di eventi di danno occorsi ai lavoratori nell’esercizio dell’attività lavorativa».

 

Di conseguenza, nel primo caso permane in capo al datore di lavoro delegante la responsabilità, qualora egli non compia il dovuto controllo sull’agire del delegato, laddove nel secondo caso il datore assolve al proprio dovere solo con la verifica fondata sui flussi informativi interni all’azienda.

 

 

 

 

5. La decisione della Corte di Cassazione nel caso di specie

Nel caso concreto, la Suprema Corte segnala che i giudici di appello non avevano adeguatamente motivato sulla natura della delega, ma «nel ritenere che l’imputato ricorrente non avesse “delegato la posizione di garanzia” riferita ai poteri relativi alla organizzazione e gestione della impresa in materia di sicurezza e nel negare conseguentemente il potere liberatorio della delega in atti» avevano – impropriamente – fatto ricorso alle categorie della delega di funzioni ex art. 16 del d.lgs. n 81/2008.

 

In ogni caso, al di là dell’uso improprio della figura, i giudici di merito non avevano valutato correttamente la delega indicata nei due verbali del CdA (delega che era stata conferita dal CdA della società ad un componente del consiglio stesso con astratta concentrazione su tale ultimo soggetto delle attribuzioni in materia di sicurezza).

 

Infatti, secondo quanto affermato dal Supremo Collegio, i giudici di appello avrebbero dovuto considerare l’eventuale portata liberatoria della delega rispetto ai soggetti deleganti, così come avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti di operatività ed effettività dell’esercizio da parte del delegato dei poteri conferiti.

 

Infine, i giudici di secondo grado non avevano correttamente spiegato se detta delega concentrasse la funzione datoriale in senso prevenzionistico in capo all’amministratore delegato in materia di sicurezza e quali doveri di controllo permanessero in capo ai deleganti.

 

In considerazione di ciò, senza una previa valutazione del contenuto della delega in atti e della posizione di garanzia assunta nella vicenda dal ricorrente non era possibile individuare il suo ruolo rivestito né tantomeno era possibile individuare il perimetro dei doveri di controllo in capo al delegante.

 

Pertanto, la Suprema Corte ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

 

La pronuncia in commento è apprezzabile perché ribadisce i caratteri distintivi tra la delega di funzioni e la delega gestoria, definendo chiaramente i confini di responsabilità tra i soggetti deleganti e delegati nell’uno e nell’altro caso. La Corte, raccogliendo i dati – giurisprudenziali e normativi – sul tema, fornisce delle linee guida fondamentali per le successive decisioni giurisprudenziali.

 

 

 

 

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