Compliance aziendale e sicurezza sul lavoro: in Germania la giurisprudenza stabilisce l’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro

di  Claudia Cantisani,  Assegnista di ricerca in Diritto penale

 

 

 

Preso atto degli sforzi compiuti dall’ordinamento tedesco per introdurre un’adeguata disciplina in tema di due diligence si segnala una recente pronuncia della corte federale del lavoro tedescaBundesarbeitsgerichtshof (BAG) – in merito alla registrazione dell’orario di lavoro dei dipendenti nelle imprese.

 

La sentenza, più specificamente legata alla normativa in tema di sicurezza sul lavoro e alla compliance aziendale, interna ad una singola impresa, sembra potersi inserire nel più specifico solco tematico tracciato dalla legislazione sugli obblighi di diligenza aziendale nelle catene di fornitura (Lieferkettensorgfaltpflichtengesetz – LkSG)  per quanto attiene, in particolare, all’implementazione di nuove strategie di tutela dei dipendenti, ponendosi così in continuità anche con la ratio degli ultimi indirizzi europei. La sua analisi permette di fornire un esempio delle pratiche di tutela potenzialmente attuabili a livello aziendale partendo dai più elementari profili del rapporto lavorativo.

 

Ove il dictum del Tribunale federale aprisse la strada ad un nuovo intervento legislativo, l’obbligo, per ora solo sancito in sentenza, di provvedere all’installazione di sistemi di monitoraggio dell’orario dei dipendenti – ai fini di una loro più efficace protezione – andrebbe ad aggiungersi al novero delle misure preventive interne all’impresa, con indiretti riflessi anche sullo spettro di controllo degli obblighi di diligenza lungo le catene di fornitura.

 

La questione

 

La Corte federale del lavoro ha dovuto pronunciarsi sulla questione che segue: se ai sensi della legge che regola la partecipazione e la codeterminazione dei lavoratori in materia sociale, personale ed economica nelle aziende del settore privato (Betriebsverfassungsgesetz – BetrVG) possa essere riconosciuto un potere di iniziativa e di impulso (Initiativrecht) in capo al consiglio dei lavoratori interno all’azienda (Betriebsrat), rispetto, in particolare, all’introduzione e all’implementazione di sistemi di controllo delle prestazioni lavorative (§ 87, Abs. 1 Nr. 6 BetrVG), nei quali appunto può ritenersi ricompresa anche la registrazione elettronica dell’orario lavorativo.

 

L’introduzione della registrazione oraria, in quanto dispositivo tecnico di controllo potenzialmente invasivo, è soggetta in Germania alla regola della co-determinazione obbligatoria (Mitbestimmungsrecht) da parte del consiglio dei lavoratori e del datore di lavoro: è, cioè, possibile introdurre un simile sistema solo sulla base di un accordo aziendale, ove, peraltro “non sussista una [diversa] disposizione di legge”.

 

La questione decisiva, relativa al caso sottoposto all’esame della Corte, riguardava se riconoscere in capo al consiglio dei lavoratori il potere di esigere dal datore di lavoro l’implementazione di un sistema di monitoraggio dell’orario lavorativo, tenuto conto che fino a quel momento il Tribunale federale aveva sempre escluso, rispetto a questa specifica materia, che le iniziative del Betriebsrat potessero essere intese in senso diverso dal mero esercizio di un potere di opposizione, a scopo difensivo (Abwehrrecht), avverso le iniziative datoriali.

 

La decisione del BAG

 

Nonostante nel caso esaminato il sistema di rilevamento delle ore lavorative fosse stato proposto proprio al fine di salvaguardare i dipendenti dell’impresa da ogni forma di abuso datoriale, il Tribunale federale ha disconosciuto la sussistenza di un potere di autonoma iniziativa in questa materia, giacché le potenzialità lesive di simili forme di controllo sulla forza lavoro in ogni caso impongono di escludere procedure di determinazione unilaterale.

 

In ogni caso, e indipendentemente dalle finalità sottese alla disciplina del potere co-decisorio – ha precisato la Corte – tale circostanza comunque avrebbe dovuto passare in secondo piano a fronte del dettato del § 87, comma 1, n. 6, del BetrVG il quale, nello stabilire un potere di co-decisione in capo al consiglio dei lavoratori nelle materie ivi elencate precisa anche, tuttavia, che questo possa essere riconosciuto ove già non venga regolato in via legislativa.

 

La decisione in senso negativo del Bundesarbeitsgerichtshof si fonda dunque sull’assunto per il quale esisterebbe già una disposizione di legge che regola un obbligo di registrazione a carico dei datori di lavoro.

 

In particolare, tale obbligo deriverebbe da una lettura teleologicamente orientata di una disposizione della legge in materia di sicurezza sul lavoro, in particolare del § 3 (2), nr. 1 Arbeitsschutzgesetz – ArbSchG, a previsione del quale il datore di lavoro deve “garantire un’organizzazione adeguata e fornire le risorse necessarie […]” a tutela della sicurezza dei lavoratori.

 

Con questa ricostruzione ermeneutica, chiaramente orientata a riempire di contenuto la formula legislativa, di per sé assai ampia, il BAG ha di fatto dato attuazione a una precedente pronuncia della Corte Europea di Giustizia (C-55/19 del 14.5.2019) con la quale è stato imposto l’obbligo agli Stati di introdurre nei rispettivi ordinamenti un sistema di registrazione oggettivo, affidabile e accessibile dell’orario lavorativo, a tutela dei dipendenti.

 

Nonostante il governo tedesco avesse dichiarato il proprio impegno ad adeguarsi alla decisione della Corte di giustizia, nessun progetto di legge in materia è stato ancora concretamente avviato. È stata, invece, la giurisprudenza a sopperire a questa mancanza: con l’innovativa decisione in commento, è stata infatti affermata la sussistenza di un obbligo di fonte legislativa a carico dei datori di lavoro di registrare le ore lavorative dei propri dipendenti, concepito, in senso concorde alla ratio della sentenza europea, come un mezzo necessario a salvaguardare in modo effettivo, e secondo gli obiettivi della normativa europea, i diritti dei lavoratori nelle attività d’impresa.

 

Spetterà poi al legislatore tradurre tale prescrizione in termini concreti: specificando, per esempio, il sistema di registrazione (se elettronica o manuale), nonché le conseguenze sanzionatorie.

 

Sebbene per il momento, dunque, la decisione non possa trarre forza da un’adeguata base legislativa, certo è che essa può rappresentare un primo esempio giurisprudenziale di coerenza e continuità con gli attuali orizzonti nazionali ed europei in tema di tutela dei diritti e compliance aziendale, suscettibile di calarsi e trasfondersi nei più settoriali obblighi di due diligence all’interno delle catene di fornitura.

 

Il problema della prevenzione e della predisposizione di mezzi di tutela adeguati alla protezione dei diritti dei lavoratori è del resto uno tra i primi e più rilevanti profili su cui la delocalizzazione produttiva impatta, tenuto conto soprattutto delle discrasie applicative che potrebbero derivare dalle differenze di disciplina, ove le società della catena siano collocate in paesi stranieri. La Germania sembra diretta alla definizione centralizzata di obblighi di controllo, nonché all’implementazione di standards minimi di tutela e prevenzione proprio allo scopo di governare, con soluzioni di hard law, i potenziali rischi di un cattivo coordinamento nei controlli cross-border (soluzioni delle quali troviamo altra traccia, per esempio, nella recente disciplina sul salario minimo, Gesetz zur Regelung eines allgemeinen Mindestlohngesetz – MiLoG, introdotta nel 2022).

 

Primi bilanci

 

Dai primi commenti a caldo della sentenza, della quale esiste peraltro solo una notizia di stampa, si evince un alto grado di apprezzamento per il contenuto della decisione del Tribunale federale del lavoro.

 

Sembra criticabile invece, o quantomeno poco realistico, che dalla pronuncia della Corte derivi un obbligo effettivo in assenza di prescrizioni legislative in materia. Si auspica, quindi, non solo che queste facciano presto ingresso nel sistema tedesco, ma anche che, una volta introdotte, specifichino nel dettaglio le modalità di monitoraggio, in modo da predisporre strumenti adeguati alla tutela dei lavoratori, a partire dalla regolamentazione dell’orario lavorativo, e soprattutto adatti alle nuove declinazioni strutturali del lavoro derivanti dalla delocalizzazione produttiva.